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Twitter shock: pubblicità a picco nell’era Musk, il social è in crisi

L'azienda, comprata dal magnate per la cifra record di 44 miliardi di dollari, dopo 7 mesi ne vale appena 14

Il cambio di passo che Twitter ha subìto con l’avvento di Elon Musk non ha consentito finora all’azienda di superare le sue difficoltà economiche. Anzi Twitter sembra sempre più in crisi perché raccoglie poca pubblicità e gli introiti che ne derivano sono scarsi rispetto al fabbisogno.

Dopo la notizia secondo cui il valore della società è sceso a un terzo di quanto Musk l’ha pagata (44 miliardi di dollari), ora il New York Times diffonde la notizia che le entrate pubblicitarie di Twitter hanno avuto un nuovo crollo.

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Elon Musk. Foto Ansa/Epa Michel Euler

Twitter, pubblicità a -59%

Secondo quanto riporta online il Corriere della Sera, per le 5 settimane dal 1 aprile alla prima settimana di maggio, i ricavi della pubblicità su Twitter negli Stati Uniti sono stati di 88 milioni di dollari. Significa che si è verificato un calo del -59% rispetto all’anno precedente. Un’enormità. L’azienda, secondo il documento citato dal quotidiano americano, ha regolarmente disatteso le sue previsioni di vendita settimanale. A volte anche del -30%. Secondo i documenti e 7 dipendenti di Twitter, fra quelli attuali e alcuni ex, che i cronisti del New York Times hanno ascoltato, è improbabile che le prestazioni migliorino presto.

L’assunzione di Yaccarino

Elon Musk ha recentemente dichiarato che l’attività pubblicitaria di Twitter è in ripresa. “Quasi tutti gli inserzionisti sono tornati” aveva affermato nel corso di un’intervista con la Bbc, aggiungendo che il social media potrebbe presto diventare redditizio. Nel 2022 la pubblicità pesava per circa il 90% dei ricavi totali di Twitter. Non è però un caso se, per ricoprire il ruolo di amministratore delegato, Musk ha di recente assunto Linda Yaccarino. Nella sua precedente esperienza a NBCUniversal, colosso televisivo e cinematografico, in 12 anni la top manager ha generato oltre 100 miliardi di dollari di introiti pubblicitari.

Musk, le fake news e Ron DeSantis

Secondo molti analisti, con l’avvento di Elon Musk al timone di Twitter c’è stato un fuggi fuggi di investitori pubblicitari. Le fake news che il magnate aveva dichiarato di voler combattere a tutti i costi ma che invece proliferano ancora, e la trasformazione che lo stesso Musk ha fatto di se stesso in una sorta di fiancheggiatore dell’estrema destra statunitense stanno creando problemi a Twitter come azienda.

L’incredibile attacco a George Soros, fatto da Musk su Twitter sposando le peggiori teorie complottiste, così come il suo endorsment a Ron DeSantis per la corsa alle primarie del Partito Repubblicano, in vista delle presidenziali del 2024, sono tutti elementi di queste ultime settimane che non possono piacere a chi deve decidere se investire miliardi o meno.

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Linda Yaccarino, CEO di Twitter: ha cominciato ufficialmente nel suo incarico dal 5 giugno 2023. Foto Twitter @BFMTV

È in particolare la personalizzazione della politica, entrata di prepotenza con la diretta dell’annuncio da parte di DeSantis assieme a Musk stesso, che rischia di diventare un boomerang. Nello spot del candidato repubblicano alle primarie per la presidenza si vede quasi più il magnate proprietario del social che il governatore della Florida. Tanto da poter credere, a una prima impressione, che sia Elon Musk e non Ron DeSantis l’uomo che vuole il voto degli americani per diventare presidente. In ogni caso, la strategia di breve periodo dell’azienda punta sugli abbonamenti a Twitter Blue, mentre sul lungo periodo il progetto di Musk è di trasformare il social in una maxi app speciale. Con tanto di pagamenti, messaggi criptati e chiamate telefoniche.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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