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Genova, scoppia il caso Mion: si sapeva che il Ponte Morandi rischiava il crollo?

L'ex dirigente dice di non aver fatto nulla pur sapendo che la struttura era in pericolo. Le difese degli imputati: "Non sa cosa dice"

A quasi 5 anni dal crollo del Ponte Morandi di Genova il processo ai responsabili offre nuove agghiaccianti sorprese. “Sapevamo che la struttura era a rischio crollo” ha dichiarato in udienza Gianni Mion. Si tratta dell’ex amministratore delegato della holding dei Benetton Edizione, nonché ex consigliere di amministrazione di Aspi (Autostrade per l’Italia) e della sua ex controllante, Atlantia

Emerse che il ponte aveva un difetto originario di progettazione e che era a rischio crollo. Chiesi se ci fosse qualcuno che certificasse la sicurezza e Riccardo Mollo mi rispose ‘ce la autocertifichiamo’.” “Non dissi nulla e mi preoccupai. Era semplice: o si chiudeva o te lo certificava un esterno. Non ho fatto nulla, ed è il mio grande rammarico“.

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Gianni Mion, ex braccio destro dei Benetton per molti anni. Foto Twitter @FrancoScarsell2

Ponte Morandi, la riunione del 2010

Nessuno pensava che il ponte crollasse davvero. Io non ho fatto nulla, tenevo al posto di lavoro” ha poi affermato davanti ai giornalisti. Le parole di Mion, il 22 maggio, si riferiscono  a una riunione del 2010: ben 8 anni prima del crollo del Morandi, che cedette di schianto alle 11.36 del il 14 agosto 2018 provocando 43 morti. A quella riunione, sostiene Mion, parteciparono l’allora ad di Aspi, Giovanni Castellucci, il direttore generale Riccardo Mollo, Gilberto Benetton, il collegio sindacale di Atlantia e, secondo il ricordo del manager, tecnici e dirigenti di Spea, l’azienda che si occupava della sorveglianza sulle opere di Aspi.

Dopo queste frasi, l’avvocato Giorgio Perroni, che difende l’ex direttore del Primo tronco di Autostrade, Riccardo Rigacci, ha chiesto di sospendere l’esame di Gianni Mion e di indagarlo. Rigacci è sotto inchiesta insieme ad altre 58 persone. L’esame di Mion è andato avanti e i giudici hanno detto che si riservano sulla richiesta avanzata da Perroni.

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L’attuale ad di Autostrade, Roberto Tomasi. Foto Ansa/Sergio Pontoriero

Il controllato si comprò il controllore

Per Mionfu fatto un errore da parte di Aspi quando acquistò Spea. La società doveva stare in ambito Anas o del ministero, doveva rimanere pubblica. Il controllore non poteva essere del controllato“. Dopo le intercettazioni e il crollo nella Galleria Bertè (A26, il 30 dicembre 2019, ndr), ha aggiunto l’ex dirigente del gruppo Benetton, “avevo la sensazione che nessuno controllasse nulla. La mia idea è che c’era un collasso del sistema di controllo interno e esterno, del ministero non c’era traccia. La mia opinione, leggendo ciò che emergeva, è che nessuno controllasse nulla.

Autostrade scarica Spea

In aula Roberto Tomasi, attuale amministratore delegato di Autostrade, sentito come teste nel corso del processo, ha difeso il suo operato da quando è alla testa della società. Ossia da dopo il crollo del Morandi. “Il livello di degrado della rete autostradale era sostanzialmente peggiore di quanto era emerso da ispezioni di Spea. Abbiamo esteso i controlli a tutta la rete“. Tomasi ha spiegato come, dopo l’esautoramento di Spea e l’affidamento delle ispezioni a società esterne, siano stati “trovati in tutta la rete 27mila difetti. Con diverse gradazioni di gravità, non segnalati da Spea, 6mila solo nelle gallerie della Liguria.

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Egle Possetti, presidente del comitato Ricordo vittime del ponte Morandi. Foto Ansa/Luca Zennaro

Il comitato vittime del ponte Morandi

A fronte delle parole dell’ex dirigente Benetton, Gianni Mion, è intervenuta Egle Possetti, presidente del comitato ricordo vittime del ponte Morandi. “Mi chiedo come si possa stare zitti quando si hanno tra le mani informazioni di gravità come questa e come certe persone possano dormire sonni tranquilli” ha detto. “Se fossi stata al suo posto e avessi saputo lo stato delle infrastrutture non sarei stata zitta e avrei fatto il diavolo a quattro. E avrei anche fatto in modo che il problema emergesse. Speriamo che qualcuno paghi.”

Le difese: “Mion non è attendibile

Le difese degli imputati al processo sul crollo del Ponte Morandi hanno affermato in un comunicato che le dichiarazioni di Mion sono “prive di riferimenti oggettivi e riscontrabili.” E arrivano da “un soggetto che all’esito dell’esame si è dimostrato inattendibile.” “Per certo vi è che il signor Mion della riunione ‘memorabile’ non ricordava il giorno, il mese, l’anno, la stagione e neppure i partecipanti di quella riunione e, ad espressa domanda della difesa, ha smentito la consapevolezza di qualsiasi rischio di crollo. Anzi ha confermato che gli uffici tecnici preposti avevano garantito la sicurezza della infrastruttura” dicono gli avvocati degli indagati.

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Il Ponte Morandi crollato. Nel 2020 è stato inaugurato il nuovo Ponte Genova-San Giorgio. Foto Twitter @FrancoScarsell2

Del resto, nell’esame odierno una figura apicale di Aspi quale l’ingener Tozzi ha escluso che nel corso delle cosiddette ‘induction’ e in particolare nella riunione di settembre 2010 siano mai emersidifetti di progettazione‘ o rischi di alcun genere riferiti al ponte Morandi. Infine, è ampiamente emerso a dibattimento come nessuno abbia potuto riferire a Mion di una ‘autocertificazione’. Infatti la sorveglianza sul ponte avveniva sia attraverso Spea sia attraverso altre società terze ed esperti qualificati che nel corso degli anni si sono avvicendati.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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