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La difesa di Conte e Speranza: “Fatto il possibile per fermare la pandemia di Covid”

Sentiti dal Tribunale dei Ministri, sono sotto inchiesta per omicidio colposo ed epidemia colposa

I giudici del Tribunale dei Ministri hanno ascoltato l’ex premier Giuseppe Conte e l’ex ministro della Salute, Roberto Speranza. Nel colloquio del 10 maggio a Brescia i due hanno ricostruito e spiegato cosa fecero nel 2020, durante la prima ondata del Covid. E hanno difeso il loro operato. 

Il leader del Movimento 5 Stelle e il deputato di Articolo Uno, figurano tra gli indagati nell’inchiesta della Procura di Bergamo per la mancata istituzione di una zona rossa per isolare i comuni di Nembro e Alzano Lombardo. Ma anche per la mancata applicazione del piano nazionale anti pandemico che, seppur datato 2006, per la magistratura poteva limitare i danni e salvare parecchie vite. Devono rispondere alle accuse di omicidio colposo ed epidemia colposa.

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Roberto Speranza e Giuseppe Conte. Foto Ansa/Claudio Giovannini

Cosa hanno detto Conte e Speranza

L’ex premier Conteha risposto a tutte le domande, ha chiarito, ha ricostruito tutto quello che è accaduto a partire dal 26 febbraio al 6 marzo, è stato esauriente“, ha detto l’avvocata Caterina Malavenda, annunciando il deposito di una memoria. Conte si è soffermato anche sulla “nota informale del 2 marzo del Cts (Il Comitato tecnico scientifico, ndr.)”. “L’ha commentata e ha spiegato qual era la sua posizione“, ha detto la legale, riferendosi a un appunto o verbale in cui l’Istituto superiore di sanità (Iss) e i tecnici del ministero avevano prospettato a Conte la chiusura di Nembro e Alzano e quindi l’istituzione di una zona rossa come era avvenuto pochi giorni prima nel Lodigiano.

Il collegio ha ascoltato attentamente” ha proseguito Malavenda. “Noi ci fidiamo dei giudici e confidiamo che tutto finisca presto e bene“. Dopo l’ex presidente del Consiglio, è toccato a Speranza che per circa mezz’ora, in una sorta di dichiarazione spontanea, ha cercato di chiarire. L’ex ministro, come ha riferito il suo legale, Guido Calvi, oltre ad aver “illustrato le ragioni della sua condotta, rispettosa delle norme, ha ribadito l’estraneità di ogni addebito“. Ha affermato di non aver applicato il piano pandemico del 2006 in quanto, “tutta la comunità scientifica lo riteneva totalmente inefficace per combattere il Covid.” In particolare, nel capitolo d’inchiesta riguardante la non applicazione del piano pandemico vigente nel 2020, nel giugno 2021 Speranza aveva detto che “il piano era datato e non costruito specificamente su un coronavirus ma su un virus influenzale“.

Contestazione a Palazzo di Giustizia

Già in mattinata, si erano radunati alcuni esponenti del movimento ‘No Green Pass’ e ‘No Vax’. Si è presentato un piccolo gruppo di manifestanti, tra cui una donna con un cartello con scritto “siamo in vigile attesa che andiate tutti in galera” e che ha affermato che “i malati sono stati abbandonati“. Lo scorso 5 maggio un uomo aveva aggredito, senza gravi conseguenze, Giuseppe Conte prima di un comizio a Massa dandogli uno schiaffo. I magistrati del Tribunale dei Ministri hanno adesso 90 giorni di tempo e due strade: archiviare o inviare gli atti per la richiesta al Parlamento di autorizzazione a procedere.

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Il coordinatore del Comitato tecnico-scientifico Agostino Miozzo al momento della vaccinazione contro il Covid nel 2021. Foto Ansa/Ettore Ferrari

Le inchieste in corso

Nell’inchiesta della procura di Bergamo – secondo la quale si sarebbero potuti evitare 4mila morti se fosse stata istituita la zona rossa in Valseriana – ci sono altri 19 indagati oltre a Conte e Speranza. Agostino Miozzo ex membro del Cts ha chiesto che anche i suoi atti fossero inviati a Brescia dal momento che i reati sono in concorso con l’ex premier e l’ex ministro della Salute. Una richiesta che è stata accolta dalla procura generale. Stessa sorte quindi per tutti gli altri indagati: dal governatore della Lombardia, Attilio Fontana a Silvio Brusaferro, il capo dell’Istituto superiore di sanità. Della corposa inchiesta sul Covid, cominciata dalla procura guidata da Antonio Chiappani a Bergamo, resterà solo la parte che riguarda l’ospedale di Alzano Lombardo, focolaio della Valseriana.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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