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Caso Cospito: ora l’ergastolo può saltare

Il detenuto anarchico ha interrotto lo sciopero della fame. La Consulta gli ha dato ragione aprendo la strada a una riduzione della pena

La svolta avvenuta il 19 aprile sul caso Cospito, e la sua risonanza politica e mediatica, potrebbe adesso configurare nuovi scenari per una possibile riforma del regime di carcere duro, cosiddetto 41-bis, se non anche dell’ergastolo ostativo.

Dopo quasi 6 mesi di digiuno, infatti, (dal 20 ottobre 2022), Alfredo Cospito, il detenuto anarchico della Fai (Federazione anarchica informale) ha deciso di interrompere lo sciopero della fame. Secondo i suoi legali la protesta estrema ha portato il detenuto a perdere decine di chili di peso e restare in più occasioni in condizioni di salute molto gravi, a rischio della morte.

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Alfredo Cospito (a sin.) e l’udienza alla Consulta il 18 aprile (a destra). Foto Ansa/VelvetMag

Perché Cospito è in carcere

Cospito protestava contro il regime di carcere duro a cui dal maggio 2022 un decreto firmato dall’allora Guardasigilli del Governo Draghi, Marta Cartabia, lo aveva sottoposto. E anche contro la condanna all’ergastolo ostativo. Militante anarchico insurrezionalista, Alfredo Cospito, 55 anni, è stato condannato a 10 anni e 8 mesi nel 2014 per la gambizzazione di Roberto Adinolfi, dirigente della Ansaldo Nucleare. Ha poi ricevuto un’ulteriore condanna all’ergastolo ostativo (cioè senza i benefici penitenziari previsti per legge) per l’attentato del 2006 contro la scuola allievi carabinieri di Fossano (Cuneo), dopo averne ricevuta una iniziale a 20 anni.

L’annuncio al Dap

Alfredo Cospito era già in carcere da tempo quando l’anno passato, alle sue condizioni detentive, si era sovrapposto il regime del 41-bis. E questo perché i magistrati ritenevano, e parte di loro ancora ritiene, il Cospito pericoloso e in grado di ispirare anche dal carcere azioni sovversive. Il 19 aprile 2023 l’annuncio del detenuto stesso sullo stop allo sciopero della fame: una scelta giunta non a caso il giorno dopo che la Corte Costituzionale ha dato ragione alla difesa del condannato. La fine, per lo meno temporanea, dell’astinenza dal cibo Cospito l’ha comunicata compilando un modello prestampato a disposizione dei detenuti. “Dichiaro di interrompere lo sciopero della fame” ha scritto, così avvisando i vertici del Dap (Dipartimeno di amministrazione penitenziaria) del carcere di Opera a Milano, oltre ai vertici del Tribunale di Sorveglianza del capoluogo lombardo.

La Consulta dà ragione alla difesa

Il 18 aprile Cospito e il suo avvocato Flavio Rossi Albertini avevano ottenuto, dopo 6 mesi, la prima vittoria giuridica. L’anarchico sta scontando dietro le sbarre 20 anni per i due ordigni piazzati nel 2006 davanti alla Scuola allievi carabinieri di Fossano (Cuneo), rischiando però l’ergastolo in base a un nuovo procedimento. La Corte di Cassazione, tuttavia, nel luglio scorso aveva deciso di contestare il reato di strage politica, punito con l’ergastolo, senza attenuanti. Le bombe anarchiche non avevano provocato mortiferiti.

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Scritte anarchiche a favore di Alfredo Cospito a Genova. Foto Ansa/Luca Zennaro

La Corte d’Assise d’Appello di Torino aveva deciso di rimettere il caso alla Consulta (la Corte Costituzionale) su istanza del legale di Alfredo Cospito. L’avvocato Rossi Albertini ha sempre sostenuto che si sarebbe potuta riconoscere l’attenuante dei fatti di lieve entità. Così riducendo la pena. E la Corte Costituzionale gli ha dato ragione smontando un tassello della legge ex Cirielli, In questo modo ha stabilito che “il carattere fisso della pena dell’ergastolo esige che il giudice possa operare l’ordinario bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti“. E “conseguentemente il giudice dovrà valutare, caso per caso, se applicare la pena dell’ergastolo oppure, laddove reputi prevalenti le attenuanti, una diversa pena detentiva“.

Una scelta che apre la strada alla riduzione di pena da parte dei giudici di Torino. Ovvero dall’ergastolo a una condanna tra 20 e 24 anni. Da ora in poi è però in questione più di prima anche il regime di carcere duro, il famigerato 41-bis, che generalmente viene dato ai boss mafiosi. Oltre al fatto che potrebbe riaccendersi in Italia il dibattito politico sull’ergastolo ostativo.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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