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Giorno del Ricordo, Mattarella: “I Balcani siano presto integrati nell’Unione Europea”

Il Presidente ha rievocato le migliaia di italiani uccisi nelle foibe dai comunisti jugoslavi e i circa 300mila che fuggirono da Istria, Dalmazia e Venezia Giulia

L’Italia celebra venerdì 10 febbraio il Giorno del ricordo in memoria delle vittime delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata, durante e dopo la seconda guerra mondiale. Al Quirinale le celebrazioni solenni, con l’intervento del Capo dello Stato, Sergio Mattarella. 

Sono passati quasi vent’anni da quando il Parlamento italiano istituì, con una significativa ampia maggioranza, il Giorno del Ricordo” ha sottolineato il presidente della Repubblica. Si tratta di una giornata “dedicata al percorso di dolore inflitto agli italiani di Istria, Dalmazia e Venezia Giulia nella drammatica fase storica legata alla Seconda Guerra Mondiale e agli avvenimenti a essa successivi“.

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Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel Giorno del Ricordo, il 10 febbraio 2023. Foto Twitter @Quirinale

Il Giorno per eventi a lungo negati

Una legge, quella sul Giorno del Ricordo, che per Mattarella vuole “conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe“. Così come “dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo Dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale” dell’Italia.

Il 10 febbraio si ricordano “vessazioni e violenze dure, ostinate, che conobbero eccidi e stragi. E, successivamente, l’epurazione attraverso l’esodo di massa. Un carico di sofferenza, di dolore e di sangue, per molti anni rimosso dalla memoria collettiva e, in certi casi, persino negato“. “Come se le brutali vicende che interessarono il confine orientale italiano e le popolazioni che vi risiedevano rappresentassero un’appendice minore e trascurabile degli eventi della fosca epoca dei totalitarismi. O addirittura non fossero parte integrante della nostra storia“, ha detto Mattarella.

“Il rischio più grave è l’indifferenza” 

Nessuno deve avere paura della verità” è il proclama del presidente nel Giorno del Ricordo. “La verità rende liberi. Le dittature – tutte le dittaturefalsano la storia, manipolando la memoria, nel tentativo di imporre la verità di Stato. La nostra Repubblica trova nella verità e nella libertà i suoi fondamenti e non ha avuto timore di scavare anche nella storia italiana per riconoscere omissioni, errori o colpe“, ha sottolineato Mattarella. “Ribadendo la condanna per inammissibili tentativi di negazionismo e di giustificazionismo, segnalo che il rischio più grave di fronte alle tragedie dell’umanità non è il confronto di idee, anche tra quelle estreme. Ma l’indifferenza che genera rimozione e oblio“, ha aggiunto il capo dello Stato.

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Nell’ottobre del 1943 una squadra guidata dal maresciallo Harzarich recuperò nella fossa dei Colombi, in Istria, a 146 metri di profondità, i corpi di 84 vittime delle foibe. Foto Twitter @vigilidelfuoco

Il Giorno del Ricordo e la guerra in Ucraina

Nel suo intervento in occasione del Giorno del Ricordo, il presidente della Repubblica ha parlato anche della guerra in Ucraina. “La civiltà della convivenza, del dialogo, del diritto internazionale, della democrazia è l’unica alternativa alla guerra e alle epurazioni. Come purtroppo ci insegnano – ancora oggi – le terribili vicende legate all’insensata e tragica invasione russa dell’Ucraina. Un inaccettabile tentativo di portare indietro le lancette della storia, cercando di ritornare in tempi oscuri, contrassegnati dalla logica del dominio della forza“, ha detto.

Le tensioni fra Serbia e Kosovo

Dal Quirinale il capo dello Stato ha voluto lanciare un messaggio anche sui Balcani e sulle tensioni in atto fra Serbia e Kosovo. Aree già devastata dalla guerra nell’ex Jugoslavia di trent’anni fa. E dove adesso c’è “la presenza di segnali ambigui e regressivi. Con rischi di ripresa di conflitti, ammantati di pretesti etnici o religiosi“. Tutte realtà che richiedono “di rendere veloce, con decisione e coraggio, il cammino dell’integrazione europea dei Balcani occidentali“. “Italia, Slovenia e Croazia, grazie agli sforzi congiunti e al processo di integrazione europea – ha aggiunto Mattarella – hanno fatto, insieme, passi di grande valore. Lo testimoniano Gorizia e Nova Gorica designate insieme unica capitale europea della cultura del 2025“.

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Una mappa delle foibe in Venezia Giulia e Quarnaro, con la penisola istriana. Foto Wikipedia

Le vittime delle foibe

Vittime delle foibe furono militari e civili italiani dell’Istria, della Dalmazia e del Quarnaro. Un’ondata di violenza da parte dei comunisti del leader jugoslavo Tito – secondo alcuni una vera e propria pulizia etnicaseguita a violenze simili perpetrate dai nazifascisti in Slovenia e Croazia durante la seconda guerra mondiale. Il nome ‘foibe’ si riferisce ai grandi inghiottitoi carsici. Lì, in quelle buche profonde, furono gettati molti corpi. Si calcolano in diverse migliaia.

L’esodo giuliano-dalmata

Al massacro delle foibe seguì l’esodo giuliano-dalmata. Ossia l’emigrazione più o meno forzata della maggioranza dei cittadini di etnia e di lingua italiana dalla Venezia Giulia, del Quarnaro e dalla Dalmazia. Erano territori del Regno d’Italia occupati dall’Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia di Tito e successivamente annessi. Si stima che i giuliani, i quarnerini e i dalmati italiani che fuggirono dalle loro terre verso altre regioni italiane o all’estero siano stati fra i 250mila e i 350mila. In un decennio circa, cioè fra il 1945 e il 1956.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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