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La Bce verso il rialzo dei tassi, mutui più cari in Italia

Gli anni a venire non promettono molto di buono, se si pensa anche all'allarme negli Usa per un possibile conflitto con la Cina nel 2025

I mutui degli italiani saranno presto più cari: la Banca centrale europea (Bce) si prepara a un nuovo rialzo dei tassi di interesse. Il ritocco avrà ripercussioni sui finanziamenti a tassi variabili che si praticano nel nostro Paese.

A fare i calcoli è il portale Facile.it, usando come riferimento un finanziamento a tasso variabile da 126 mila euro a 25 anni sottoscritto a gennaio 2022.

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La Governatrice della Bce, Christine Lagarde. Foto Ansa/Epa Laurent Gillieron

La Bce e il rialzo dei tassi

Rialzo dunque dei tassi di riferimento dello 0,50% da parte della Bce, ma anche comunicazione sui dettagli dei parametri per la riduzione da 15 miliardi al mese delle consistenze in titoli. Questo vale per ciò che riguarda il programma di acquisto standard, il Paa che al dicembre 2022 ammontava a 3.254 miliardi.

Sia la Fed, la Banca centrale degli Stati Uniti d’America, che la Bce, la Banca centrale europea, sono della stessa idea. L’1 febbraio è emerso che la Fed alzerà almeno dello 0,25% i tassi e la Bce ha subito seguito l’iniziativa, sebbene si preveda in Europa un rialzo maggiore. A cosa serve il rialzo dei tassi di interesse sui prestiti bancari e sui mutui, dunque l’aumento del costo del denaro per imprese e famiglie?

Il Covid e la guerra

Il punto è che se Fed e Bce aumentano i tassi riescono a contenere l’inflazione. Ossia la rapidità temporale con la quale i prezzi aumentano mese dopo mese, se non settimana dopo settimana. E l’inflazione ha rialzato la testa ormai da oltre un anno, in particolare dall’inizio della ripartenza dell’economia dopo la fase acuta del Covid.

Poi la guerra in Ucraina ha accelerato la ulteriormente la corsa dei listini. Molte materie prime per l’industria e l’artigianato occidentale sono rincarate e non ci sono segnali che a breve le cose torneranno come prima. Anzi, sembra ormai impossibile immaginare, anche agli occhi dei funzionari della Bce, che l’economia dell’Europa rientri nei ranghi. Semplicemente, dovremo adattarci a una nuova fase del mondo globale, nella speranza che la guerra non si cronicizzi nel vecchio continente.

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Usa e Cina potrebbero entrare in guerra tra loro nel giro di due anni, nel 2025: è l’ipotesi del generale americano Michael Minihan. Foto Ansa/Us Air Force

La Bce e l’inflazione

Per le banche centrali, a cominciare dalla Bce, l’inflazione ideale si aggira intorno al 2% e oggi ne siamo molto lontani. Nel mondo le guerre e i conflitti per l’accaparramento delle materie prime vitali, a cominciare dall’acqua, sono in aumento. La nuova superpotenza globale cinese, destinata a dominare il prosieguo del XXI secolo, è in tensione sempre più forte con gli Stati Uniti.

Usa e Cina verso la guerra?

E ora, al di là delle mosse europee della Bce, sale la preoccupazione che Usa e Cina possano entrare in guerra tra loro nel giro di due anni. Ovvero nel 2025. Il monito ai propri sottoposti lo ha lanciato nei giorni scorso il generale statunitense Michael Minihan.

Secondo il Washington Post, l’alto ufficiale ha invitato i suoi uomini ad accelerare la loro preparazione per un potenziale conflitto, citando le aspirazioni del presidente cinese Xi Jimping e la possibilità che gli americani non prestino l’attenzione dovuta. Se non quando sarà troppo tardi, a conflitto avviato.

Le parole di Minihan sono inquietanti per la Bce come per tutti gli europei. “Spero di sbagliarmi ma il mio istinto mi dice che combatteremo nel 2025” ha scritto il generale statunitense in una nota ai suoi collaboratori. “Xi – ha affermato – si è assicurato il suo terzo mandato e ha istituito il suo consiglio di guerra nell’ ottobre 2022. Le elezioni presidenziali di Taiwan sono nel 2024 e offriranno a Xi una ragione. Le elezioni presidenziali negli Stati Uniti sono nel 2024 e offriranno a Xi un’America distratta. La squadra di Xi, il motivo e l’opportunità sono tutte allineate per il 2025“.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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