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Istat, cala la fiducia degli italiani nel futuro

Il 2023 si è aperto con dati non incoraggianti sull'inflazione ai quali seguono quelli sul clima di fiducia dei consumatori

Non sono incoraggianti i dati Istat sulla fiducia degli italiani nel futuro. A gennaio 2023 si stima una diminuzione dell’indice del clima di fiducia dei consumatori da 102,5 a 100,9.

Tutto questo a fronte però di un aumento dell’indice composito del clima di fiducia delle imprese (da 107,9 a 109,1). Lo rileva, come detto, l’Istat spiegando al tempo stesso che tutte le serie componenti l’indice di fiducia dei consumatori sono in peggioramento. Tutte eccetto le aspettative sulla situazione economica generale e sulla disoccupazione.

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Italiani preoccupati per il futuro sia sul piano economico che sociale. Foto Ansa

I dati Istat

Per le imprese la fiducia migliora in tutti i comparti a eccezione del commercio al dettaglio, spiega l’Istat. Il clima di fiducia degli imprenditori aumenta dunque per il terzo mese consecutivo raggiungendo un livello superiore alla media del 2022. Per i consumatori il clima di fiducia economico e, più in generale, nel futuro, sono in crescita. Rispettivamente da 106,3 a 107,6 e da 108,2 a 108,6.

La fiducia dei consumatori – sottolinea ancora l’Istituto nazionale di statistica – torna a diminuire dopo due mesi consecutivi di crescita. Il ripiegamento dell’indice è dovuto soprattutto a un’evoluzione negativa delle opinioni sulla propria situazione personale di molti italiani, rileva l’Istat. Per le imprese, i servizi di mercato e le costruzioni registrano invece gli incrementi più marcati per la fiducia (l’indice passa da 102,4 a 104,2 e da 156,6 a 158,8 rispettivamente).

Manifattura e commercio

Nella manifattura si stima un aumento dell’indice da 101,5 a 102,7 mentre nel commercio al dettaglio la fiducia è in peggioramento con l’indice che passa da 112,4 a 110,3. Considerando le componenti del clima di fiducia calcolati per ogni comparto economico indagato, si rileva che nei servizi di mercato e nella manifattura tutte le variabili sono in miglioramento. Nelle costruzioni i giudizi sugli ordini si deteriorano e le attese sull’occupazione aumentano. Infine, nel comparto del commercio al dettaglio, i giudizi sulle vendite sono stimati in deciso miglioramento, le scorte di magazzino sono giudicate in accumulo mentre le attese sulle vendite diminuiscono.

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La sede centrale dell’Istat a Roma. Foto Ansa/Istat

Istat, le cifre dell’inflazione

I dati Istat sulla fiducia dei consumatori arrivano una settimana dopo quelli sull’inflazione. Nel mese dicembre 2022 si stima che l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività, al lordo dei tabacchi, sia aumentato del +0,3% rispetto a 30 giorni prima. Ma l’aumento è pari al +11,6% su base annua. Dati poco confortanti anche questi. L’Istituto nazionale di statistica conferma dunque la stima preliminare. Significa che in media, nel 2022, i prezzi al consumo sono cresciuti in Italia del +8,1%. L’anno prima, il 2021 – quando non c’era la guerra in Ucraina, la crisi energetica non era così forte e il nostro Paese cominciava a uscire dalla pandemia grazie al piano europeo Next Generation Eu – le cose procedevano diversamente.

Vale a dire che i prezzi al consumo erano aumentati ‘solo’ del +1,9%, segnando l’aumento maggiore dal lontano 1985, quando questo si assestò sul +9,2%. L’attuale crescita media dei prezzi dei beni al consumo è dovuta principalmente all’andamento dei beni energetici all’oscillazione dei costi di questi ultimi. I prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona – il cosiddetto ‘carrello della spesa’ – a dicembre sono rallentati su base tendenziale dal +12,7% di novembre al +12,6% attuale. Cosa che del resto è avvenuta anche per quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto (da +8,8% di novembre a +8,5%).

 

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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