In tutta Europa l’aumento del prezzo del gas sta causando un’inflazione a catena che secondo le stime non si riscontrava dagli Anni Ottanta. Persino nella moderata e liberal Inghilterra, si è assistito ad un’estate di scioperi da parte dei lavoratori nel settore dei trasporti, contro l’aumento del costo della vita.

I telegiornali hanno mostrato la dichiarazione di un partecipante alle manifestazioni: “o stai al caldo o mangi, una delle due cose, noi le vorremmo tutte e due”.  Una situazione preoccupante che ci riguarda molto da vicino. Perché mentre l’inflazione americana, dovuta ad un surriscaldamento della domanda post-pandemia, sembra rispondere bene alle manovre monetarie della FED. In Europa la situazione è ben diversa.  

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Il problema della stagflazione economica in Europa

L’Europa al momento si ritrova stretta in un imbuto tra inflazione e stagnazione economica, che gli economisti indicano con il termine: stagflazione. L’aumento dei prezzi nel vecchio continente non è dovuto soltanto a un surriscaldamento della domanda, ma soprattutto dal rincaro dei prezzi del Gas, con tutto il corredo della bolletta elettrica nel suo complesso e i carburanti. In poche parole anche se la BCE sta alzando il costo del denaro via via per congelare l’economia e quindi incentivare l’offerta ad abbassare i prezzi, i prezzi non scendono perché alla base c’è il rincaro del gas a mantenere i costi di produzione molto alti.

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La Domanda poi a causa di questi prezzi a sua volta non decolla e quindi ci troviamo in una situazione di stagnazione economica. A tal proposito arriva l’allarme di Granarolo e Lactalis riguardo il prezzo del latte, che potrebbe arrivare a costare agli italiani, entro dicembre 2022, il record di ben 2 euro a litro. Le due aziende inoltre si sono fatte portavoce del settore e hanno chiesto urgenti aiuti statali, per resistere agli aumenti esorbitanti del costo di produzione a cui sono andati incontro.

Un Europa lenta e divisa: Olanda che torna “falco” sul gas

Mantenere dei prezzi competitivi in questo momento per tutte le aziende europee sta diventando sempre più complicato. L’Europa si ritrova una locomotiva industriale che oggi costa l’8,9% in più rispetto solo all’anno precedente. Putin ha sapientemente manovrato in questi mesi le quantità di gas da concedere all’UE, scegliendo perfettamente il tempo di quando dare e togliere. In modo da mantenere sempre i mercati nell’incertezza e alimentando quindi la speculazione finanziaria sui prezzi. Per calmierare il prezzo del gas il governo Draghi, lavora oggi in campo europeo, come ben sappiamo, al price cap. Il tetto massimo al prezzo del gas. Una delle soluzioni più plausibili nel mercato globalizzato, dove solo il potere economico dell’Europa unita può sperare di fare la differenza.

Foto Ansa-premier olandese- FILIPPO ATTILI

Il problema è che quest’Europa, come al solito, non si dimostra rapida, né coesa nelle questioni globali più importanti. E anche se la Germania, prima contraria, adesso si è un po’ ammorbidita nei confronti della proposta di Draghi. Rimane il problema dell’Olanda, contraria a qualsiasi interferenza europea nei confronti del mercato energetico. Perché? Molto semplice. Mentre italiani, tedeschi, spagnoli, vengono schiacciati oggi dai costi di importazione del gas sempre più alti. Gli olandesi hanno visto raddoppiare il loro surplus commerciale grazie alla speculazione dei prezzi del gas nella borsa energetica di Amsterdam. E non hanno nessuna intenzione di rinunciarvi in nome della solidarietà europea.

Il razionamento del gas e non solo: le soluzioni in campo per aziende e famiglie

Il risultato è stato, per la gioia di Putin, che grazie al rincaro dei prezzi, il Cremlino ha incassato ricavi dalle esportazioni di gas di ben cinque volte più grandi rispetto all’anno precedente. Tutti soldi che l’UE ha fornito a Putin perché non ha saputo agire d’astuzia in tempo. Il price-cap difatti era una proposta sul tavolo sin da maggio, ma solo dopo che Gazprom ha iniziato a fare davvero paura con la chiusura del Nord Stream 1, in Europa si è presa sul serio la questione. Il fatto è che ormai l’inverno è alle porte, e anche se le scorte racimolate sono state dignitose il razionamento sarà per molti paesi quasi inevitabile.  

Per andare incontro all’aumento delle spese in capo alle aziende e famiglie, intanto, in Italia alcuni partiti riflettono su un possibile scostamento di bilancio, ma PD,FDI, frenano. Sarebbe troppo rischioso in questo momento di stagnazione e di tassi alle stelle, per il nostro Paese. Forse chissà è giunta l’ora di mettere mano a soldi che l’Europa ci ha promesso già, come quelli del PNRR. Riformulare i fondi del Recovery forse oggi potrebbe rivelarsi un’operazione politica di buon senso. La guerra ha cambiato le carte in tavola rispetto ad un 2020 che sembra lontanissimo e bisogna prenderne atto.