Il governo Draghi scricchiola. La metà grillina del Movimento 5 Stelle capitanata da Conte inizia a scalpitare. Cercando forse chissà di recuperare giusto in tempo quella vecchia immagine di partito anti-sistema che tanta fortuna portò ai grillini alle scorse elezioni politiche. Alla Camera ieri sono usciti dall’aula al momento del voto sul DL aiuti, che comunque è stato approvato. Perché di fatto Conte o non Conte la maggioranza numerica il governo ce l’avrebbe comunque. 

Il che può essere un’arma a doppio taglio in mano ai grillini. Potrebbero difatti chissà decidere di ‘ripulirsi’ della loro immagine garantista, filo-PD, filo-liberista, senza intaccare al livello numerico il governo? Ma c’è anche chi spera in una mediazione fino al voto di giovedì al Senato. Quali saranno dunque  le sorti dei grillini e del Governo Draghi? Chi sono i grillini di oggi, garantisti o anti-sistema? 

Da sinistra foto @ANSA – ANDREA SOLERO – GIUSEPPE LAMI

Conte ed i 9 punti del Movimento elencati a Draghi

Tornare a fare il partito rivoluzionario che soffia assieme alla Meloni un vento anti-sistema, anti-liberalista, non sarà facile ma non è impossibile. Di base Conte ha spiegato che non ha votato il decreto “per una questione di linearità e coerenza”. L’ex premier dopo la scissione dei “fratellipro-DiMaio difatti, era stato ad un incontro con Draghi. Dove avrebbe elencato i 9 punti sui quali il Movimento non è più disposto ad accettare ribassi. Questo è un anno dopotutto si sapeva, dove tutti i partiti hanno bisogno di raccogliere qualcosa. E Conte in poche parole non vuole rimanere a bocca asciutta in vista delle prossime elezioni.

@ANSA – GIUSEPPE LAMI

Ad oggi restano poco più di 48 ore per provare a far rientrare il rischio di una crisi, palesatosi da quando tutti i deputati pentastellati sono usciti dalla Camera al momento del voto. C’è chi spera che all’incontro di oggi fra il premier e i sindacati, si vada incontro a molti di quei 9 punti. Gli ottimisti all’interno della parte pro-Conte sperano infatti che quest’incontro possa produrre un maggiore scatto sul salario minimo o sul taglio al cuneo fiscale, cosi come richiesto dai pentastellati. Ottenendo poi chissà da Draghi a quel punto un rimpasto per andare avanti… Un posto cruciale? Al ministero dell’Economia, dove il partito non è più rappresentato dopo la diaspora di Ipf.  Ma intanto giovedì al Senato il voto finale sul provvedimento coinciderà con il voto di fiducia. Se M5S votasse no, Draghi salirà al Quirinale che quasi sicuramente rimanderà il premier alle Camere per la fiducia. 

 I grillini e il loro futuro: tra Di Battista e il ritorno al passato anti-sistema 

Un ruolo politico quello di Conte che si ritrova a rifare il Salvini di pochi mesi fa. Ovvero quel partito al Governo con meno influenza e più lasciato ai margini dai suoi “compagni”. La strada di Draghi si fa sempre più in salita. I “ricatti” dei partiti all’interno del governo non potranno che diventare quasi sicuramente nell’autunno sempre più frequenti. Se Draghi farà “concessioni” oggi al M5s per tenerlo dentro l’esecutivo, come farà a non farne agli altri partiti di Governo? Forse sarebbe meglio un’uscita dal governo di Conte e dei suoi? Dove guadagnerebbe di più l’ex premier? E se anche altri puntassero poi all’effetto risalita nei consensi più facile dall’opposizione? Forse chissà all’opposizione il Movimento potrebbe ritrovare nuova linfa. Ammesso che gli elettori siano disposti a “perdonare” un quinquennio all’insegna del centrismo perfetto. Pro-Europa, pro-sistema, pro-liberal, pro-PD, pro-TAP, e chi più ne ha più ne metta.

@ANSA/ANGELO CARCONI

La verità è che chi sono questi (nuovi ?!?) grillini, è tutto ancora da scoprire. La maggior parte dei partiti di Governo a seguito di questo atto irresponsabile li additano come la parte marcia e irresponsabile del Movimento. Spacciando il reddito di cittadinanza, il superbonus, il cashback, come degli sprechi e delle truffe. Dopotutto anche Draghi sull’argomento ad inizio anno non risparmiò giudizi severi. Tutto sembra dunque essere perfetto e pronto per un distaccamento dal Governo e una bella ripulita dall’immagine perbenista mostrata in questi anni. Di Battista potrebbe coglierne la palla al balzo con grande gioia. E se l’Italia ha dimenticato con tanta facilità che la Lega di Salvini era la Lega Nord – un partito scissionista che dispregiava orgogliosamente la bandiera italiana – perché non potrebbe dimenticare la lunga parentesi centrista, garantista, pro-PD, del M5S? Aspettiamo dunque come uscirà da queste sabbie mobili il partito a guida Conte. Hanno imparato in questi cinque anni molto velocemente dagli altri partiti tradizionali come dire e fare all’abbisogna se necessario, tutto e il suo contrario.