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Luigi Di Maio, l’enfant prodige dei 5 stelle alla prova del partito personale

Compie 36 oggi 6 luglio il ministro degli Esteri del Governo Draghi. Venuto dal nulla, ha dimostrato di sapersi muovere nelle stanze dei bottoni. E ora, abbandonati i Cinque Stelle, corre da solo

Nemmeno Di Maio avrebbe forse scommesso una somma su se stesso se 10 anni fa gli avessero pronosticato una carriera fulminante in politica. Di certo, però, ce l’ha messa tutta. E oggi, a 36 anni appena compiuti, guida il suo nuovo partito personale. Nel pieno rispetto dello stile dei tempi. 

Di Maio non è più Di Maio il ‘bibitaro’ come ancora lo offendono. Si ritiene maturo. Guida la Farnesina da quasi 3 anni. Ha ricoperto ruoli di rilievo sotto tre diversi governi. Il Conte I – maggioranza gialloverde M5S-Lega – il Conte II – maggioranza giallorossa M5S-PD-LeU-Iv – il Draghi I – maggioranza di unità nazionale M5S-Lega-PD-ART1-FI-Iv. Non male per un ‘ragazzo’ meno che quarantenne. Il quale può vantare il record di più giovane vicepresidente della Camera, eletto a soli 27 anni nel 2013. Fra il 2018 e il 2019 è stato pure vicepremier di Giuseppe Conte, ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico.

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Foto Ansa/Ettore Ferrari

Come ministro degli Esteri si è impegnato in questi giorni a fare da scudo al Governo Draghi. “Ma è possibile – ha dichiarato – che mentre il Governo lavora per ritrovare la pace in Ucraina e stanzia i fondi del PNRR, ci siano forze politiche che litigano solo per la loro crisi di consensi? Ho trovato da immaturi inscenare dei teatrini che hanno messo in imbarazzo il governo a Madrid. Uno spettacolo indecoroso“. Linguaggio da ministro tutto d’un pezzo, dunque, che ambisce a staccarsi dal suo passato di capo politico di M5S per lanciare una carriera di alto profilo istituzionale.

Di Maio, Draghi e la NATO

Non ho rotto col M5S con un pretesto” ha dichiarato a Corriere e Repubblica. “Ma perché si è cominciato a mettere in discussione il fatto che l’Italia dovesse stare nella sua alleanza storica“. Un allontanamento, quello di Di Maio, “da chi voleva portare l’Italia su posizioni anti-NATO, da chi è troppo ambiguo sul sostegno all’Ucraina“. E che adesso “potrebbe cercare l’incidente di percorso per far cadere Draghi e andare al voto anticipato“.

Come è noto Di Maio ha fondato un nuovo partito politico: Insieme per il futuro (Ipf). Per ora solo in termini di gruppo parlamentare che ha operato una scissione dal Movimento Cinque Stelle. Col ministro degli Esteri una sessantina, fra deputati e senatori. Ipf ha di fatto dimezzato la potenza di fuoco del M5S, azzoppando politicamente Giuseppe Conte.

Evoluzione dei partiti italiani

Si sa, l’Italia da Berlusconi in poi, trent’anni fa, si è incamminata verso il superamento dei partiti novecenteschi. Forze collettive piramidali, rigide, in cui ognuno doveva occupare la sua casella. E le ribellioni, le innovazioni non concordate fra le correnti, persino il tentar di uscire dalla logica dei ‘signori delle tessere’ potevano avere pesanti conseguenze. Erano foriere di emarginazione immediata se non di espulsione. Ma almeno erano organismi articolati dove esisteva un bilanciamento di potere e interessi. In cui c’era il senso di una comunità politica che lottava per una visione di società. Cose che con i partiti leaderistici sembrano perdute, a vantaggi di faziosi super comitati elettorali di questo o quel capo.

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Silvio Berlusconi. Foto Ansa/Matteo Bazzi

Negli Anni Duemila è stato Matteo Renzi a dare la scalata al PD e poi a fondare il suo partito personale, Italia viva. È stato Carlo Calenda a mollare i dem per creare Azione. Sono gli stessi Salvini nella Lega, Letta nel PD e Meloni in Fratelli d’Italia, a imprimere una forte impronta leaderistica alle loro formazioni politiche. Le ultime che ancora serbano caratteri della vecchia forma-partito, ma che risentono comunque dello stile dei tempi.

Ipf, “faremo cose grandi

Per quanto riguarda Insieme per il Futuro, la nuova creatura politica nata dalla scissione dai Cinque Stelle, Di Maio dice che dopo l’estate lancerà “una grande convention di idee per parlare di temi e futuro” e aggregare “nuove personalità“. “Una base di partenza per un percorso lungo e ambizioso“. Aggiunge che “Insieme per il futuro non è un partito personale. È la base di un nuovo progetto che deve aggregare e allargarsi sempre di più alla società civile. Agli amministratori locali e regionali che più di tutti hanno aiutato gli italiani”. Si vedrà. Chissà come se la ride il senatore Pier Ferdinando Casini, l’uomo che inventò l’Udc del 6%, fu deriso per anni, e resto a lungo in sella al potere.

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Draghi e Conte. Foto Ansa/Ettore Ferrari

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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