Patrick Zaki. Foto Twitter @vditrapani
Non c’è pace per Patrick Zaki, l’attivista egiziano per i diritti umani che studia all’Università di Bologna. Malgrado che le autorità egiziane lo abbiano scarcerato lo scorso 8 dicembre – in Egitto, dove attualmente si trova – il processo a carico del ricercatore di Mansura va avanti. E lo stillicidio delle udienze rinviate continua.
È stato infatti aggiornato al 21 giugno prossimo il processo a carico di Zaki in corso a Mansura sul delta del Nilo, la città natale dello studente. Lo ha riferito all’agenzia Ansa Marise, la sorella, al termine dell’udienza che si è svolta al mattino di oggi 5 aprile presso il Palazzo di Giustizia di Mansura. E poi lo ha scritto lo stesso Patrick sul suo account Twitter (vedi sotto).
L’attivista per i diritti umani e civili è attualmente libero dopo la scarcerazione avvenuta l’8 dicembre, al termine di 22 mesi di custodia cautelare un carcere. Ma non può tornare in Italia. A suo carico l’accusa di “diffusione di notizie false ai danni dell’Egitto“. Il tutto per aver scritto dei post su Facebook e un articolo in cui prendeva le difese della minoranza oppressa dei cristiani copti, a cui egli stesso appartiene. Proprio oggi, nel giorno della sua quinta udienza, Zaki ha fatto sapere di aver subìto un attacco informatico.
Patrick Zaki dopo la sua scarcerazione in Egitto
Prima dell’udienza aveva dichiarato: “Sono sempre un po’ ottimista. Spero di tornare in Italia il prima possibile“. Una fonte egiziana aveva fatto sapere che il giudice monocratico di Mansura non ha ancora reso noti i verbali dell’arresto di Patrick Zaki del 7-8 febbraio 2020. Documenti che i legali dello studente avevano chiesto al fine di provare l’irregolarità del provvedimento restrittivo. La fonte ha lasciato intendere che lo stesso vale per vecchi atti processuali. E persino per un testimone. Una persona la cui testimonianza i legali di Zaki vogliono acquisire al fine di dimostrare la correttezza di quanto scritto nell’articolo incriminato sulle discriminazioni che i copti, i cristiani d’Egitto, devono subire nel loro paese.
Un’immagine di Patrick Zaki. Foto Twitter @alaskaHQ
“Patrick ha bisogno, da persona innocente quale è, dopo 26 mesi, di tornare alla sua libertà piena. Libertà di ricerca, studio, movimento. Non è possibile che vada ancora così a lungo avanti“, ha commentato Riccardo Noury. Il portavoce di Amnesty International Italia stigmatizza la notizia dell’ennesimo rinvio del processo. E aggiunge: “Si potrebbe chiamare cronaca di un rinvio annunciato. Questo non va bene, Patrick è bloccato nelle maglie di un sistema giudiziario che prima lo ha tenuto per 22 mesi in attesa del processo e ora lo sta trattenendo dentro un processo che non si sa quando finirà“.
Il portavoce di Amnesty Italia, Riccardo Noury. Foto Twitter @RiccardoNoury
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