Si aprono giornate sempre più difficili per la crisi in Ucraina. Dopo il nulla di fatto dell’ultimo colloquio telefonico, ieri 12 febbraio, fra il Presidente statunitense Joe Biden e quello russo Vladimir Putin, anche l’Italia richiama i suoi cittadini che vivono e lavorano in Ucraina. Il ministero degli Esteri ha formalmente invitato tutti gli italiani presenti nell’ex repubblica sovietica a rientrare nel nostro Paese “in via precauzionale“, imbarcandosi sul primo volo di linea libero.
Sul terreno la tensione è sempre più alta. Sono circa 2mila i connazionali che vivono nel Paese, la maggior parte dei quali nella capitale Kiev. Sono imprenditori, ristoratori, uomini e donne che in alcuni casi si sono creati una famiglia. Ma la Farnesina si rivolge anche a chi è in Italia. E chiede di “posticipare tutti i viaggi non essenziali verso l’Ucraina“. In particolare quelli “a qualsiasi titolo nelle regioni di Donetsk e Lugansk ed in Crimea“. Tutte destinazioni “sconsigliate“. “Un’altra disposizione – ha dichiarato il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio – è quella di far rientrare tutto il personale non essenziale della nostra sede diplomatica a Kiev“. L’ambasciata d’Italia a Kiev resterà comunque aperta.
Donetsk e Lugansk si trovano nell’Ucraina orientale, dov’è in corso da anni il conflitto del Donbass, regione contesa fra ucraini e separatisti filorussi. In particolare Donetsk e Lugansk sono le due città capoluogo delle rispettive autoproclamate repubbliche che intendono staccarsi dall’Ucraina per aggregarsi alla Russia. La Crimea è la penisola meridionale sul Mar Nero, annessa dalla Russia nel 2014 a seguito di un colpo di mano e di un referendum sull’autodeterminazione popolare. Sia la Crimea che il Donbass sono regioni di fondamentale importanza per l’Ucraina.
L’Unità di Crisi della Farnesina indica anche il numero di emergenza al quale raggiungerla in caso di necessità: +380503102111. L’escalation ai confini dell’Ucraina ha spinto tutte le principali cancellerie occidentali a richiamare i propri connazionali. “Lavoriamo tutti al fine di evitare un’escalation“, ha assicurato Di Maio. Ma l’Italia “ha già confermato la disponibilità a fornire il proprio contributo, qualora la Nato decidesse in tal senso“. Il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini è andato a Riga, in Lettonia, dove opera il contingente italiano schierato nell’operazione Nato Baltic Guardian.
Altri militari italiani operano in Romania con quattro aerei Eurofighter che svolgono il ruolo di caccia intercettore in un’altra missione: Enhanced Air Policing Area South. Possibile che l’impegno italiano si allarghi presto ulteriormente. Alla ministeriale Nato di martedì e mercoledì prossimi, infatti, si valuterà la proposta di prevedere una presenza stabile anche nei paesi del fianco Sud–Est dell’Alleanza atlantica. E di aumentare l’offerta di assetti aerei. In Lettonia, sul mar Baltico, sono presenti 238 militari italiani con 135 mezzi terrestri. Baltic Guardian è una missione operativa dal 2016, in risposta ad una richiesta avanzata alla Nato da parte dei Paesi Baltici e della Polonia. Più a Sud, in Romania, la task force italiana Black Storm è schierata con 140 militari presso l’aeroporto di Costanza per contribuire a garantire l’integrità dello spazio aereo del Paese.
Ma la Nato – e di conseguenza l’Italia – gioca la sua partita a scacchi con la Russia anche nel Mediterraneo. Non lontano dai nostri confini si è svolta nei giorni scorsi si è svolta l’esercitazione Neptune strike che ha coinvolto la portaerei della Marina Militare Cavour, insieme a quella americana Uss Truman e francese Charles de Gaulle. Nella riunione dei ministri dell’Alleanza del 15 e 16 febbraio si decideranno eventuali modifiche degli schieramenti nel quadrante dell’Europa orientale in risposta alla possibile escalation russa che ha schierato già oltre 130mila militari in prossimità dell’Ucraina.
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