Perché la neutralità del politically correct non è progresso ma riduzionismo
Dalla polemica delle nuove linee guida (ritirate) della Commissione UE ai rischi della neutralità oggi nella Giornata Internazionale che la celebra
Solo una settimana fa la Commissione Europea dettava le nuove linee guida per gli auguri di Natale, suggerendo un più generale e neutrale “Buone feste” rispetto al consueto “Buon Natale”. Sui social network spopola un nuovo linguaggio dove il termine “ragazzi” viene sostituito da un più neutrale “ragazz*” o con la lettera “e” finale al rovescio.
In televisione poi oggi è diventato sempre più difficile portare avanti una satira libera e intelligente in quanto il politically correct con la sua dittatura della neutralità rende una qualsiasi precisazione un peccato divino. In nome della neutralità stiamo distruggendo il nostro linguaggio, rinnegando la nostra cultura, minando in molte trasmissioni la leggerezza e l’intelligenza della satira. Ma se cancelliamo dalle pagine della nostra storia tutto l’inchiostro, rischiamo di ritrovarci presto con in mano un libro vuoto. E oggi Giornata Internazionale della neutralità è giusto parlarne.
Non sempre il politically correct valorizza le differenze che descrivono e valorizzano la realtà
Le differenze dovrebbero essere valorizzate, cercare di neutralizzarle ed eliminarle in primis attraverso il linguaggio rende la nostra realtà molto più piccola. Con meno vocaboli, significati, e soprattutto distorta. In occidente gli uomini per duemila anni hanno cercato di spiegare e dare nomi alla cosiddetta “realtà fenomenica”, riguardante il mondo ed i suoi eventi naturali, il corpo umano e i suoi meccanismi. Tutte queste categorie che oggi conosciamo e comprendiamo, sono frutto di uomini che prima di noi hanno descritto e spiegato il mondo.
La realtà non si presenta mai neutra, ma ben specifica. La neutralità eccessiva può significare rinnegare la realtà del mondo e l’evidenza. Con buona pace del politically correct il genere esiste, le festività sono diverse, le tradizioni, i costumi, gli idiomi, a questo mondo sono diversi. Riconoscere e valorizzare queste differenze è una ricchezza e mai una discriminazione. Vi è una frase che recita che a questo mondo “perfino un chicco di sabbia non è uguale all’altro”, la neutralità come principio predominante della nostra cultura rischia di farci perdere di vista questa straordinaria consapevolezza e bellezza.
Il rischio di perdere riferimenti culturali e il valore della loro ricchezza
In nome della neutralità si rischia di perdere di vista l’autenticità e i riferimenti culturali. Il natale nella cultura cattolica occidentale non è una semplice “festa”. Se per altre culture il Natale corrisponde a qualcos’altro, in un altro periodo dell’anno, la Commissione Europea potrebbe pensare per esempio di aggiungere un augurio. Magari in quel giorno specifico dell’anno per quella festività, cosi da includere tutte le altre ricorrenze. Il progresso e l’inclusione devono sempre arricchire la realtà e non impoverirla. La parola Natale ha un significato religioso e culturale millenario, ed appartiene a circa 1 miliardo di persone che hanno il diritto di essere rappresentate.
La neutralità porta spesso con se il vizio di non esprimere mai un opinione, di avere timore rispetto a quello che si dice per paura dell’altro. Neutralizzare a priori le opinioni sia nella politica, che in TV, non apre la possibilità di un reale confronto democratico, ma porta a celare dietro ad un finto perbenismo le passioni e le proprie idee. La neutralità è il contrario di parole come scelta, decisione, definizione, oggi viste come discriminatorie e in una accezione sempre negativa. Pertini diceva riguardo alla libertà: “ io combatto la tua idea che è contraria alla mia, ma sono pronto a battermi al prezzo della mia vita perché tu la tua idea la possa esprimere sempre liberamente”. Oggi in nome della neutralità non solo questo sta venendo meno, ma a lungo andare vi sarà il rischio molto presto di non avere neppure un idea da difendere.