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Afghanistan, decapitata dai talebani pallavolista della nazionale junior

Mahjabin Hakimi aveva 18 anni, il regime dà la caccia alle atlete. A settembre distrutti gli strumenti dell'unica orchestra femminile del paese

Mahjabin Hakimi, 18 anni, giocatrice della nazionale junior di pallavolo femminile dell’Afghanistan è stata decapitata dai talebani a Kabul. La notizia arriva dal quotidiano iraniano internazionale Independent Persian. A rivelarla un’allenatrice sotto pseudonimo, secondo cui il macabro omicidio è avvenuto all’inizio di ottobre ma nessuno ne è venuto finora a conoscenza perché i talebani hanno intimato alla famiglia della vittima di non parlare.

Talebani, caccia alle atlete

Qualche giorno fa, riporta l’agenzia di stampa Agi, sono comparse sui social media le foto della testa mozzata della ragazza. Al momento del crollo del governo in Afghanistan, sotto i colpi dell’avanzata talebana, nel mese di agosto scorso, Mahjabin Hakimi militava per il Kabul Municipality Volleyball Club. Secondo quanto l’allenatrice sotto pseudonimo ha spiegato all’Independent Persian, fin subito dopo la presa del potere i talebani “hanno cercato di identificare le atlete; in particolare quelle della nazionale di pallavolo, che in passato hanno gareggiato in competizioni internazionali e sono apparse in tv“.

Afghanistan, evacuate 100 calciatrici

Soltanto “due componenti della squadra sono riuscite a fuggire” prima che i talebani prendessero il controllo della capitale afghana. Mahjabin Hakimi era tra le molte atlete che non erano riuscite a scappare. La settimana scorsa la Fifa e il governo del Qatar hanno evacuato invece con successo dall’Afghanistan 100 calciatrici, comprese alcune nel giro della nazionale, e i loro familiari.

Fine della prima orchestra femminile

All’inizio di settembre il giornalista Toni Capuozzo aveva reso nota su Facebook la notizia della distruzione degli strumenti della prima e unica orchestra musicale femminile dell’Afghanistan. “Da Kabul la prima notizia è, giustamente, la formazione di un governo monocolore talebano, fatto di duri e ricercati – scriveva Capuozzo – la seconda sono le manifestazioni delle donne“. Poi, proseguiva, “la terza riassume le prime due: i talebani hanno distrutto gli strumenti della prima e unica orchestra femminile del paese“. Lo sport, la musica, la cultura, l’arte: tutte realtà invise a un regime del terrore che sembra tornare tale e quale dopo vent’anni. Fra il 1996 e il 2001, quando i talebani dominarono l’Afghanistan, la musica era vietata. Lo è di nuovo, specie se coinvolge le donne.

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Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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