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Nunca mas per i desaparecidos

Oggi 30 agosto è la giornata internazionale dedicata alle persone imprigionate per motivi politici o sociali

Dal 30 aprile 1977 tutti i giovedì pomeriggio, il capo coperto da un fazzoletto bianco, alcune mamme argentine sfilano davanti alla Casa Rosada (la sede centrale del potere esecutivo della Repubblica Argentina, n.d.r.). Ciascuna con scritto in rosso il nome del bambino che le è stato sottratto. Il 5 agosto 1978, da allora dia del niño,  il giorno dedicato all’infanzia, in Plaza de Mayo sfida uno striscione per la prima volta: “abuelas argentinas con nietos desaparecidos” (nonne argentine con nipoti scomparsi). Al principio sono in 12, come gli apostoli dirà chi vuol loro bene. Il regime le liquiderà come las locas, povere pazze.

Abuelas e desaparecidos

Las abuelas all’inizio sono semplicemente le madri di 500 ragazze, sono le nonne argentine che negli anni della dittatura ‘perdono’ le figlie sequestrate e scomparse, e anche i nipoti, nati per lo più durante la prigionia delle giovanissime madri, che sono state uccise dopo il parto. “Le nonne cercano la vita“, infatti era il loro motto. I bambini sono desaparecidos appena nati: privati dell’identità, vengono ‘distribuiti’ tra ufficiali e sottufficiali coinvolti nella repressione; oppure affidati a famiglie altolocate bene accette al regime militare. “Erano bambini adesso sono dei giovani. Diedero loro una morte civile per farli rinascere con nomi falsi, famiglia falsa, in una vita anch’essa falsa e pericolosa” (sono le parole di Estella Parlotto, una delle fondatrici delle Abuelas).

Abuelas de Plaza de Mayo

La polizia le maltratta, la loro fondatrice Azucena Villaflor de Vincenti, esce di casa per comprare una copia del giornale e non vi fa più ritorno. Sono presto costrette ad inventare un linguaggio in codice da usare al telefono per parlare tra di loro. Se sospettano di adozioni fraudolente, pedinano le famiglie, qualcuna riesce a entrare in casa fingendosi domestica. Raccolgono documenti.

Con la fine della dittatura militare

Nel 1983, dopo 7 anni terribili, ha fine la dittatura militare (la giunta Videla è durata dal 1976 al 1981 e poi sotto altri generali per due anni ancora dopo la sua deposizione) e l’associazione ha potuto finalmente pubblicizzare il proprio operato. Si è organizzata in quattro dipartimenti. Il primo è ovviamente investigativo e si mette sulla tracce dei desaparecidos. Il secondo è genetico: “stiamo indagando sulla morte e incontriamo la vita. Possiamo dire a sua madre che sì, la figlia è morta, ma che da qualche parte sta vivendo suo nipote“. A parlare è il dott. Snow, direttore di un gruppo di medici legali stranieri che supporta le indagini sugli scomparsi.

Il terzo è giuridico. Grazie all’opera dell’avvocato Alcira Rìos riescono ad ottenere due sentenze di capitale importanza: la prima nel 1991 che dichiara nulla l’adozione di un minorenne se non supportata da precisa documentazione; la seconda sull’obbligatorietà degli esami del sangue anche se si oppongono i genitori adottivi o il minore stesso. Il quarto è psicologico. Molte famiglie ormai conoscono nome e cognome di chi ha sequestrato i propri familiari accusati di essere oppositori del regime. Ma non ci sono stati casi di vendetta. Le nonne e le donne di Plaza de Mayo hanno deciso che i militari assassini andavano puniti isolandoli dalla società argentina. Spesso hanno praticato la politica dell’escrache che significa “sputtanamento“: imbrattare le case degli aguzzini di rosso o fare volantinaggio nel quartiere.

Banca nazionale dei dati genetici per i desaparecidos

Hanno istituito una banca nazionale dei dati genetici che custodisce i campioni di sangue di tutte le nonne perché “è impossibile prevedere quando l’ultimo dei nostri nipoti conoscerà la sua vera identità. Quel giorno non ci sarà più nessuna di noi. Ma lui che magari avrà cinquanta anni potrà scoprire dal sangue suo e da quello della nonna chi fu veramente la sua mamma. Così racconta Italo Moretti nel libro Plaza de Mayo, spiegando come siano pochissimi quelli che recuperata la loro identità hanno scelto di non tornare alla famiglia biologica.

Nunca mas

Nunca mas, in spagnolo significa “mai più” ed è il titolo del rapporto della Comisión Nacional sobre la Desaparición de Personas (CONADEP) possibile con l’elezione democratica del presidente Raúl Alfonsín per indagare su migliaia di casi di desaparecidos avvenuti durante la dittatura militare argentina. Raccoglie testimonianze su sequestri, torture ed eliminazioni di oppositori messi in atto dalle autorità militari. Si deve al rabbino Marshall T. Meyer di chiamarlo appunto Nunca mas, l’espressione usata nella rivolta del ghetto di Varsavia dopo le atrocità naziste. La prima edizione risale al 1984: “Dall’enorme documentazione (7830 incartamenti) da noi esaminata si deduce che i diritti umani sono stati violati in forma organica e statale attraverso la repressione attuata dalle Fuerzas Armadas Argentinas. E non violate solo in modo sporadico, ma sistematico… Fino alla data di presentazione di questo rapporto, CONADEP stima in 8960 il numero di persone che risultano ancora scomparse…

Per i desaparecidos, non solo il 30 agosto

Oggi 30 agosto è la giornata internazionale dei desaparecidos istituita dalle Nazioni Unite per sensibilizzare sul destino delle persone imprigionate in luoghi sconosciuti ai loro famigliari e/o legali per motivi politici o sociali. Si celebra dal 21 dicembre 2010.
Ho riflettuto molto se scrivere su velvetMAG un pezzo sul tema dei desaparecidos e sulla forza del Nunca mas e delle nonne di Plaza de Mayo. Poi mi è tornata in mente una citazione di Daniel Pennac: “Mi sono proibito le commemorazioni! Crederò alle commemorazioni quando i tedeschi verranno a piangere i nostri morti e quando noi andremo ad inginocchiarci sulle tombe in Algeria. Quando gli arabi piangeranno gli ebrei sgozzati e gli ebrei i palestinesi uccisi. Quando gli americani si raccoglieranno sulle rovine giapponesi e quando i nipponici domanderanno perdono alle spoglie cinesi e alle donne coreane… E’ un’invettiva che rende anche giustamente l’idea delle colpe concatenate del potere, degli Stati. Che spesso è meno condannata delle azioni spietate delle dittature. E ho ripensato che valeva la pena di raccontare la forza delle abuelas, la caparbietà di chi voleva restituire la propria identità per sempre ai figli dei desaparecidos.

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Angela Oliva

Direttore Responsabile
Pugliese di nascita, muove le sue prime esperienze giornalistiche tra Palio, Sport e Cronaca bianca a Siena durante il periodo universitario divenendo pubblicista subito dopo la laurea con lode in Scienze della Comunicazione. Con il trasferimento a Roma inizia il praticantato che la porterà a diventare professionista nel 2008. Si è occupata di gambling, dipendenze, politica estera (ha una seconda laurea sempre con lode in Scienze internazionali e diplomatiche), ippica, economia. Ha collaborato con giornali, TV (Telenorba), l'agenzia di stampa nazionale Il Velino-AGVNews e con diverse realtà specializzate. Diverse le esperienze in agenzie come account ed advisor del settore bancario, di associazioni di categoria, di comunicazione pubblica, turismo, trasporti, cybersecurity, compliance & risk management, telecomunicazioni, 5G e di gaming.
In parallelo si è occupata di Comunicazione strategica e Marketing come manager in azienda - trasferendosi a Rimini - assumendo spesso anche la responsabilità delle Relazioni esterne. Ha approfondito, con due diversi master, anche i temi della Corporate Social Responsibilty e della Sostenibilità.

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