foto Twitter @Quirinale
Sono cominciati oggi 3 agosto gli ultimi 6 mesi del mandato del Presidente della Repubblica. Chiamato in politichese “semestre bianco” Come prevede l’articolo 88 della Costituzione, Sergio Mattarella (nella foto al momento della vaccinazione anti Covid) – allo stesso modo dei suoi predecessori – non potrà più sciogliere la Camera e il Senato per indire nuove elezioni politiche generali. A prima vista potrebbe sembrare una regola secondaria o comunque non decisiva, nell’ambito degli equilibri democratici. Ma le cose non stano così.
Il semestre bianco è, in sostanza, una norma di cautela costituzionale, introdotta apposta all’articolo 88 per evitare che il Presidente della Repubblica in carica possa decidere di sciogliere le Camere a ridosso della fine del suo mandato. La democrazia correrebbe un rischio troppo forte: il Capo dello Stato potrebbe indire nuove elezioni al fine di far eleggere deputati e senatori a lui più vicini politicamente. L’obiettivo finale diventerebbe la scelta, da parte del nuovo Parlamento, di un Presidente che esprima una continuità col proprio mandato, se non, direttamente, la propria rielezione. I membri dell’Assemblea Costituente, che contribuirono a scrivere la Costituzione tra il 1946 e il 1948, venivano da vent’anni di dittatura fascista. Ecco perché l’impianto della Costituzione della Repubblica, compreso ovviamente l’articolo 88, è incentrato su principi di equilibrio tra i poteri e sulla rappresentatività dei cittadini.
Adesso, dopo i benefici del semestre bianco, vediamone i costi. Tornando agli ultimi 6 mesi dell’incarico di Mattarella, infatti, l’attenzione si sposta sui partiti politici. Il timore è che senza più il rischio delle urne – il Presidente non può sciogliere le Camere – i veti incrociati possano moltiplicarsi. Fino a portare addirittura al tentativo di dar vita a un nuovo governo, su base parlamentare e tramite un cambio di maggioranza, aprendo una crisi.
Gli ottimisti, però, sono molti e con ragioni fondate dalla loro parte. Messa infatti al riparo la riforma della giustizia, tema profondamente divisivo per l’attuale maggioranza, il largo sostegno di cui gode Mario Draghi difficilmente può venir meno. C’è poi la missione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e i fondi del Recovery. Un totem inviolabile. Chi si assumerebbe la responsabilità di rovesciare il Governo Draghi voluto – quasi imposto – dal Presidente Mattarella in nome dell’unità nazionale? La navigazione dell’esecutivo nelle acque sempre tempestose della politica italiana dovrebbe essere possibile almeno fino al momento in cui le Camere sceglieranno il nuovo inquilino del Quirinale.
A quel punto la finestra delle elezioni potrebbe riaprirsi a febbraio 2022. Non è un mistero, del resto, che lo stesso Draghi sia un candidato forte per la successione a Mattarella. Ma c’è chi scommette che le ragioni che lo hanno portato a Palazzo Chigi saranno anche quelle che ne consiglieranno la permanenza alla guida del Governo fino alla scadenza della legislatura nel 2023. C’è anche chi già ipotizza che i partiti chiedano espressamente a Mattarella la disponibilità a farsi rieleggere per un secondo mandato, come già avvenuto nel 2013 per Giorgio Napolitano. A oggi, però, sembra che il Capo dello Stato escluda questa ipotesi.
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