Qualcuno lo ha definito l’ultimo vero inviato d’assalto. Di sé, compiuti gli 80 anni, disse: “La mia vita professionale è la mia vita, tout court“. Di certo è impossibile incasellarlo: Indro Montanelli da Fucecchio (Firenze) è stato il decano dei giornalisti italiani e molto di più. Oggi 22 luglio ricorrono i vent’anni esatti dalla sua morte, nella clinica Madonnina di Milano, all’età di 92 anni. Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, lo ha celebrato. “Il ricordo di Indro Montanelli, a vent’anni dalla morte, suscita ancora intensa partecipazione – ha dichiarato il Capo dello Stato secondo quanto riportano le agenzie di stampa – non soltanto in coloro che lo hanno conosciuto più da vicino. Anche nei tanti che ne hanno apprezzato le qualità di cronista, di narratore, di divulgatore storico, di polemista che non rinunciava ai toni forti anche a rischio di disorientare i propri ammiratori“.
Come ha sottolineato lo stesso Mattarella, il giornalismo di Indro Montanelli ha attraversato gran parte del Novecento. Cominciata la sua attività durante il regime fascista, fu un inviato di guerra che cercò di sottrarsi per quanto possibile alle strette maglie della propaganda. Divenuto critico verso il fascismo, fu imprigionato a Milano nell’ultimo periodo della seconda guerra mondiale. Evaso dal carcere raggiunse la Svizzera, dove attese la fine del conflitto. Dopo la nascita dell’Italia repubblicana vide intensificarsi il suo impegno di giornalista e di scrittore. Fu una delle firme più prestigiose del Corriere della Sera. Fondò il Giornale negli anni ’70 e poi La Voce negli anni ’90. “Scelse strade nuove ogni qualvolta vide, o temette, invasioni di campo o limitazioni del proprio spazio di autonomia” ha sottolineato Mattarella.
Le Brigate rosse lo individuarono come obiettivo, e l’agguato che provocò il suo ferimento “fu un crimine contro la libertà dell’informazione.” “Rifiutava con cocciutaggine qualsiasi omologazione, rivendicandolo al suo carattere di toscano – ha affermato ancora il presidente della Repubblica – Intellettuale dalle inesauribili energie, “maestro di scrittura, giornalista intransigente nella difesa della autonomia professionale“, è stato per decenni, ha concluso Sergio Mattarella, “una personalità di rilievo nella cultura italiana e nel dibattito pubblico“.
Sono tanti gli italiani che ricordano i suoi editoriali televisivi su Tmc e quelli cartacei dalle pagine del Corriere della Sera, che gli riservava una ‘Stanza’ per dialogare con i lettori. Scrittore prolifico, tra i suoi libri sono da ricordare Storia di Roma (Bur) e Storia d’Italia, insieme a Mario Cervi e Roberto Gervaso. Una collana di 22 volumi a cura di Sergio Romano. Oltre a Ve lo avevo detto – Berlusconi visto da chi lo conosceva bene (Rizzoli), I conti con me stesso. I diari 1957-1978 (Rizzoli) e La mia eredità sono io. Pagine da un secolo (Bur).
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