Storie e Personaggi

Il 28 maggio di Amnesty International: 60 anni di battaglie per i diritti umani

Dal primo "Appello per l'amnistia" alla vicenda di Patrick Zaki

“Quando, 60 anni fa, l’avvocato inglese Peter Benenson ebbe l’idea di lanciare un ‘Appello per l’amnistia’ per chiedere la scarcerazione dei prigionieri di coscienza nel mondo, non sapeva di aver dato vita a ciò che, decenni dopo, sarebbe stato chiamato social network. Una rete di persone, in ogni parte del pianeta, accomunate da un obiettivo comune e da tecniche di azione e di comunicazione.” Così Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia sottolinea l’importanza dei 60 anni di Amnesty International, l’organizzazione transnazionale che lotta per l’affermazione dei diritti umani in ogni parte del mondo.

Libertà per 50mila prigionieri

Una ricorrenza che si celebra oggi 28 maggio perché proprio quel giorno del 1961 nacque un movimento senza barriere né confini, in nome della fraternità universale. Complessivamente, in 60 anni, sono oltre 50mila i prigionieri di coscienza che Amnesty International ha contribuito a liberare.

I principi di base

“Quel piccolo social network creato da Benenson nel 1961 – continua Riccardo Noury in una dichiarazione apparsa sul sito di Amnesty – si basò, per molti anni, su alcuni minimi denominatori comuni. Non si può finire in prigione per le idee. Il corpo delle persone non si tocca. Di fronte a qualsiasi reato la risposta dello Stato non dev’essere uguale né, ovviamente, peggiore.” “Dalle prime campagne per la liberazione dei prigionieri di coscienza – prosegue il portavoce di Noury -, per la messa al bando della tortura e per l’abolizione della pena di morte, Amnesty International ha via via ampliato il suo raggio d’azione. Fino a occuparsi di maggioranze di titolari di diritti” che non possono esercitare.

Il caso di Patrick Zaki

L’Appello per l’amnistia del 1961, promosso dall’avvocato inglese Peter Benenson diede avvio alla prima campagna di Amnesty International. Lo scopo era di liberare i cosiddetti prigionieri di coscienza. Persone finite in carcere solo per aver espresso le loro opinioni, esercitato il loro credo religioso, aver promosso i propri diritti. Si trattava di un gruppo di studenti arrestati in Portogallo, sotto la dittatura di Salazar. Oggi, dopo 60 anni, Amnesty International continua a chiedere la scarcerazione dei prigionieri ingiustamente detenuti e spesso torturati. Vale anche per lo studente egiziano dell’Università di Bologna Patrick Zaki, arrestato il 7 febbraio 2020, torturato e incarcerato senza processo né accuse credibili. Il prossimo 16 giugno Zacki compirà 30 anni: rischia di restare ancora inghiottito nelle terribili prigioni del suo Paese.

 

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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