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Riconoscimento facciale, Ibm esce dal mercato: “Così si alimenta il razzismo”

Ibm, colosso mondiale dell’informatica, esce dal mercato del riconoscimento facciale. E rivendica la propria contrarietà all’uso di questa tecnologia in alcuni casi pericolosi. Ovvero per “sorveglianza di massa, profilazione razziale, violazione delle libertà e dei diritti umani”.

Lo ha reso noto il Ceo (amministratore delegato) della compagnia, Arvind Krishna. Il capo di Ibm ha inviato una lettera al Congresso americano (il Parlamento degli Stati Uniti). Nella missiva si chiede una legge per la giustizia e contro il razzismo.

“Riteniamo che sia giunto il momento di avviare un dialogo nazionale sul se e sul come la tecnologia per il riconoscimento facciale dovrebbe essere impiegata dalle forze dell’ordine”, ha scritto Krishna. Il quale ha evidenziato i problemi relativi ai pregiudizi su etnia e genere riscontrati nei sistemi di intelligenza artificiale.

L’amministratore delegato della Ibm ha quindi esortato il Congresso a impegnarsi in riforme per la giustizia in modo da eliminare le discriminazioni razziali. Fra i provvedimenti da prendere, Ibm indica la revisione dell’immunità qualificata che protegge le forze dell’ordine e impedisce ai cittadini di chiedere i danni se un agente viola i loro diritti costituzionali.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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