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Coronavirus, non tutti fanno come noi: in Svezia si esce tranquillamente a spasso

Ancora una volta, come per altri aspetti sociali, la Svezia si distingue nel novero dei paesi occidentali. Mentre quasi tutti, compresa l’inizialmente riottosa Inghilterra, assumono misure sempre più drastiche contro il coronavirus, il Paese scandinavo non lo fa.

In Svezia si registrano già 4 mila casi di contagio e un centinaio di vittime a ora. Ma per il momento restano aperti i ristoranti, i bar, gli impianti sciistici e certe scuole, anche se non le università. Sono vietati gli assembramenti con più di 50 persone. Fino a pochi giorni fa erano vietati solo gli eventi con più di 500 partecipanti.

La posizione presa della Svezia, sottolinea IlPost.it, è opposta a quella di altri paesi scandinavi: Norvegia e Danimarca in primis. Tutte società che, pure con meno casi, hanno preso iniziative molto più drastiche.

Perché a Stoccolma, invece, di chiudere tutto non ne vogliono sapere? Perché esiste laggiù qualcosa che da noi resta inconcepibile: una reale fiducia del governo nei suoi cittadini. Ma anche la scelta di puntare su pochi e chiari messaggi utili.

Le regole al momento in vigore in Svezia dicono che nei locali si può fare solo servizio al tavolo. Chi è malato deve stare a casa, che è preferibile – se possibile – lavorare da casa. Che vanno evitate visite non necessarie agli anziani e che, per i prossimi giorni, bisogna “considerare se sia necessario effettuare viaggi, entro i confini svedesi, che erano stati programmati”. Come ha scritto The Local, il governo fa soprattutto “raccomandazioni”, lasciando “molto spazio a diverse interpretazioni”.

Come andrà a finire? Impossibile dirlo adesso. Intanto, però, Stefan Löfven, primo ministro svedese dal 2014, ha parlato in un messaggio televisivo alla nazione della necessità di non diffondere “panico e dicerie”. E ha aggiunto: “Nessuno è da solo in questa crisi, ma ognuno ha una grande responsabilità“. Löfven non ha escluso che nei prossimi giorni possano essere prese misure più restrittive per contenere il contagio. Tuttavia ha sottolineato: “Non possiamo fare leggi per vietare tutto”.

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Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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