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“Ciao nonna”: dire addio ai tempi del Coronavirus

Ciao, Nonna. Ci hai sempre tenuto ad essere al centro dell’attenzione, rumorosa e allegra come una bambina, nel bene e nel male. Ridevi sempre, perché se bisogna avere le rughe, che siano tutte di felicità. In questo momento così difficile, te ne sei andata anche tu, ricordandomi quanto la distanza che stiamo vivendo in questo momento non sia nulla rispetto a quella che dura per sempre. Eppure io ti sento ora, più che mai, vicina. Ti ho sentita vicino anche quando ti stringevo la mano, l’unica che ho toccato in questi giorni. Ti ho sentita vicina quando mi hai guardato farti la linguaccia, agitando la mano come a dire “tepossino”. Quando mi hai riconosciuta per l’ultima volta, dopo un po’ di tempo che non succedeva più. Non ci sarà nessun funerale, nessun abbraccio da chi vorrebbe consolarci, nessun ultimo addio. Quando tutto ciò finirà, però, ti prometto di festeggiare la vita, ora che più che mai la sento vicina, come te.

È questo che mi viene in mente in questi giorni di reclusione in cui sono uscita solo per venirti a trovare, prima che fosse vietato. Penso che ciò che sta succedendo a me, sta succedendo a molti, e scelgo di condividere un’emozione e un sentimento, ora che invece ci chiedono di sacrificare ogni contatto. Non è un sottolineare il proprio lutto, ma un tentativo di esorcizzarlo, dandogli una dimensione che ora non può avere. Un tentativo di essere vicino a tutti quelli a cui sta succedendo la stessa difficile situazione. 

Una riflessione sul Coronavirus, che non è solo ciò che sembra. Una malattia silenziosa che ha messo in ginocchio un paese e forse il mondo intero. Un virus invisibile che rende invisibili anche i gesti: il divieto di abbracciare, di baciare, di stringere, di toccare, di accarezzare. Una malattia che nel nostro paese, più espansivo di altri, forse pesa ancora di più. Il Coronavirus che non vieta solo la fisicità, però, ma anche il ricordo: i lutti vissuti in questo periodo, sono addirittura più dolorosi di quanto dovrebbero essere.

Chi ha perso un proprio caro non può dargli una degna sepoltura, dopo il divieto dei funerali. Qui non c’entra neanche la religione: un saluto simbolico verso un parente o un amico scomparso, esula da qualsiasi credo. I cortei funebri sono vietati dal decreto, permettendo solo ai parenti strettissimi di poter dedicare un saluto in forma privata al proprio parente. Anche nuore, nipoti e cognati sarebbero impossibilitati nel salutare per un’ultima volta il proprio caro.

Un addio a distanza, quindi, nell’intimità della propria casa e della propria persona, in cui il funerale è condiviso solo con messaggi, telefonate e diventa quasi virtuale. Il virus non è schiacciante per la malattia in sé, per l’attacco ai polmoni, ma per averci privato della necessità di essere vicini. Di condividere momenti di gioia e dolore, in un’umanità che in questi momenti torna più forte che mai e ci ricorda che la vita va festeggiata ogni giorno. Se nella quotidianità vince la noia, la stanchezza, le scuse, forse dopo questa tempesta ci ricorderemo di quanto poter uscire fuori sia una celebrazione ogni giorno.

Dopo la seconda guerra mondiale, gli anni di gioia sono durati tantissimo. La gravità e la durata di questo momento non sarà la stessa, ma magari avrà lo stesso bel risvolto della medaglia una volta che sarà passato.

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