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Venezia tradita dalla sua acqua: diario di bordo di Cinzia Malvini, tra moda e alluvione [ESCLUSIVA]

53 anni. Era dal 4 novembre 1966 che Venezia non vedeva un’alluvione così. ‘L’acqua alta’, come la chiamano qui, dove a questo tipo di eventi sono abbastanza abituati. Ma non fino a questo punto.

Me l’aveva detto un mio amico partendo da Roma, “Dove vai?”, mi aveva chiesto; “Da Stefano Ricci”, avevo risposto io. “C’è il lancio della nuova collezione maschile per il prossimo inverno che come sempre viene presentato in una luogo importante, un simbolo della cultura italiana, istituzione o museo. Un Grand Tour. Eh, questa volta ci porta a Venezia, anche se non so esattamente dove”. “Ma a Venezia arriva l’uragano, sei sicura?”, aveva ribattuto Alberto. Gli ho sorriso con un alzata di spalle. Aveva ragione lui. Un metro e quarantacinque che continua a salire con picchi che raggiungono i 180 centimetri. Venezia viene improvvisamente sommersa dalle sue acque che normalmente la incorniciano e che tutto il mondo conosce.

È martedì notte e noi siamo appena usciti dalla Scuola Grande di San Rocco, la bottega del Tintoretto, un luogo dove chi ama l’arte deve entrare almeno una volta nella vita. 60 tele che raccontano il ciclo completo del Maestro veneziano che fu il più acerrimo rivale di Tiziano. Noi siamo qui con la famiglia Ricci al completo, babbo Stefano come lo chiamano i figli, Niccolò e Filippo, e Mamma Claudia, amici e giornalisti giunti da tutto il mondo, come sotto incanto nelle le sale rivestite dall’arte rinascimentale mentre sul video, al piano terra, scorrono le immagini della nuova collezione della casa Fiorentina, un vanto per l’abbigliamento di lusso maschile, le giacche di velluto morbide, le cinture e gli accessori in pellami pregiatissimi, la ricerca la cura maniacale della perfezione e del colore. Non poteva esserci luogo più giusto per presentare questi capi, la Scuola di San Rocco e scuola di arte e mestieri, e qui di mestiere e talento ce n’è davvero tanto.

Il Canal Grande, piazza San Marco, la scala Contarini fanno da cornice ad abiti sartoriali, dal gusto italiano e bellissimo che incanta il mondo, la Cina, l’America e la Russia, i primi mercati di Stefano Ricci ai quali oggi si affianca il sud est asiatico. La stampa straniera guarda davanti il video e guarda in su verso le tele, l’Italia che incanta e che ci rende orgogliosi. Saliamo al primo piano, la cena è allestita nella sala grande dove un coro polifonico ci accompagna con le arie più suggestive mentre le tele del Tintoretto vengono illuminate piano piano, di nota in nota. Le dodici portate sono realizzate con preziosa arte culinaria da Enrico  Bartolini, tre stelle Michelin.

Tutto è perfetto, sorridiamo scherziamo. Babbo Ricci fa il discorso introduttivo e saluta i suoi ospiti, Gianluca Tenti capo della comunicazione dell’azienda toscana intrattiene orgoglioso i giornalisti giunti da tutto il mondo, Antonella Asnaghi con Annamaria al suo fianco controlla che tutto sia perfetto, come sempre. Ma sono state proprio loro a raccomandarci di non dimenticare i gambali anti pioggia uscendo dall’albergo, nel mio caso il Gritti Palace, incantevole con i suoi divani di velluto, gli arazzi e le pareti damascate. Tappeti morbidi e quadri antichi e luci soffuse che non troveremo al rientro.

La cena prende un’accelerazione, le notizie danno l’acqua alta in crescita, meglio andare. Scendiamo tutti al guardaroba dove con l’allegria e l’eccitazione tipica delle gite scolastiche ci mettiamo a fatica i gambali, non sappiano bene come funzionano questi oggetti strampalati, mah!, facciano foto, filmini, eleganza degli abiti neri delle signore e le paillettes argento del vestito da sera dell’amica e collega del quotidiano “Il Giornale”, che questa sera risplende come Ziggy Stardust, si sposano a fatica a queste cose coloratissime, gialle e arancioni, che fuori ci serviranno come non mai anche per riconoscerci, mentre soffia un vento pazzesco che rovescia gli ombrelli (“Li ci sono Laura e Maria, quella in giallo è Eva”).

Prima di affacciarci fuori, le ultime foto e i filmini di rito, non sappiano ancora che cosa ci aspetta. Usciamo e cominciamo a capire la situazione: l’acqua ci arriva al ginocchio e continua a piovere, la gente per strada si affretta, i veneziani più scaltri che incrociamo si sono tolti le scarpe e vanno veloci verso cara in infradito e calzoncini corti. Noi proseguiamo un po’ incerti, il passo frenato dalla resistenza dell acqua, le guide che ci chiedono di accelerare per raggiungere i taxi boat che però non riescono a fermarsi perché non passano sotto i ponti, bisogna andare più avanti. Ridiamo, scherziamo, ci preoccupiamo, il clima è un misto di euforia e isteria. Giorgio ci guida insieme a Matteo, ma guidare dove?, andiamo avanti, sempre meno i turisti e veneziani in giro, i giornalisti cinesi hanno improvvisamente smesso di fare foto.

Il vento incalza, l’acqua sale sempre di più e i gambali sono praticamente inutilizzabili. MariaTeresa decide di vuotane uno seduta sul gradino del ponticello, un litro di acqua defluisce, la scarpa, va da sè, è da buttare. Il tassista-comandante è nervoso, non riusciamo a capire dove e come possiamo salire sulla barca, alla fine ci lanciamo su una specie di imbarcadero da dove finalmente riusciamo ad entrare sul taxi che ci dovrebbe portare al sicuro e all’asciutto. Dovrebbe. Appunto.

La sorpresa ci aspetta davanti al Gritti, ingresso sbarrato, acqua da tutte le parti, la hall completamente allagata, i divani sottosopra, per fortuna che i tappeti sono stati messi in salvo. Ci dicono che non si riesce a entrare, il tassista è nervoso, vorrebbe lasciarci sulla piattaforma, di notte, in mezzo al Canal Grande, con l’acqua alta che ormai è un alluvione, mentre continua piove, non ci sembra una buona idea. Maria, per spaventarlo, minaccia un infarto. Si alzano le voci, Gianluca ordina perentorio al conducente di portarci in un altro albergo dove forse riusciremo a sbarcare.

I telefonini vanno a mille, si cerca di contattare il direttore del Gritti che alla fine, quando finalmente riusciremo a rientrare, a tarda sera, ci verrà incontro a metà tra il costernato e l’affranto. Mentre stiamo per attraccare al pontile del nuovo albergo, ci chiamiamo dal Gritti dicendo che, con difficoltà, ma si può entrare. Torniamo indietro. Con il tassista sempre più impacciato e nervoso riagganciamo il pontile del Gritti. Piove. E piove e piove. Io questa sera ho deciso dopo tanto tempo di indossare una gonna lunga, bellissima idea! Per non bagnarla, la raccolgo in una mano, come le dame del settecento, l’altra mano la offro a Niccolò Ricci che si sporge per aiutarmi a scendere dal taxi boat, un piede davanti all altro uno, e uno e uno, passo passo. Poi scivolo sulla passerella e volo in acqua fino alla vita. Giorgio, per scendere di corsa dalla barca, prende una botta sulla gamba che ora sanguina.

Più che un gruppo di giornalisti internazionali sembriamo dei naufraghi con i capelli bagnati, le scarpe piene d’acqua, i vestiti zuppi. L’albergo è in totale emergenza ma le stanze per fortuna non sono toccate dall’acqua. Ci guardiamo attoniti, facciamo le foto, ci rendiamo conto che l’esperienza che ogni anno ci offre Stefano Ricci, questa volta sarà ancor più indimenticabile.

Finalmente al caldo e al riparo, ci salutiamo e ci diamo appuntamento a domani mattina, questa mattina. Quando, una volta svegli, apprendiamo che che l’acqua alta ha fatto due vittime, due anziani di cui uno morto di paura per quanto stava accadendo. Andrea mi chiama da Roma, si assicura che io stia bene e mi dice che il premier Conte sta arrivando in tutta fretta a Venezia che ora attende ora un’altra piena, ma meno forte di quella di ieri. Fuori non c’è quasi nessuno, pochissime persone si avventurano a guardare i danni. Ora scendo con Maria. A vedere come si presenta adesso la città. La Serenissima è sempre bellissima ma la sua acqua in cui si specchia, questa volta l’ha tradita.

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