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“Boston”, il film sulla vera storia dell’attentato alla maratona del 2013

Era il 15 aprile del 2013, precisamente alle 14:49 ora locale a Boston, 20:49 ora Italiana, quando due esplosioni hanno interrotto la Maratona di Boston. Gli orari sono l’unica certezza di quell’avvenimento, perché i giudici di gara li hanno fissati con i cronometri. La corsa era partita da 4 ore, 12 minuti e 43 secondi al momento della prima esplosione. La manifestazione è la più antica delle maratone non olimpiche, che si è corsa, per la prima volta, nel 1897. Avvenne solo una anno dopo la prima maratona olimpica, ad Atene, del 1896. E’ un’occasione sportiva alla quale, ogni anno, si iscrivono migliaia di persone da tutto il mondo: appassionati, amatori, dilettanti e professionisti Un evento così importate, storico, dalla risonanza enorme a livello mondiale, si è trasformato in una tragedia. Ieri sera è andato in onda, su Rai 2, il film dedicato a questa tragedia.

La prima bomba è esplosa ad un passo dal traguardo, la seconda a 12 secondi di distanza, a poco più di 150 metri dalla prima, in Boylston Street vicino a Copley Square. Gli ordigni erano due pentole a pressione da sei litri, riempite di esplosivo, chiodi, pezzi di ferro e sferette metalliche contenute in borse nere da viaggio. Il timer era probabilmente un orologio da cucina. Le bombe erano state costruite in modo da fare male a più persone possibili, ma soprattutto di più. Rudimentali nel loro progetto, ma più potenti di un cecchino, hanno adempito al loro compito tragico.

Sono state tre le vittime dell’attentato: Krystle Campbell, di 29 anni; Zhou Danling, studentessa della Boston University di origine cinese, di 20 anni; Martin Richard, un bimbo di 8 anni. Loro erano impegnati nel guardare la gara, da dietro le transenne. Hanno avuto solo la sfortuna di trovarsi nel momento sbagliato e nel posto sbagliato. Con loro, ci sono state oltre 260 persone ferite. Molte di queste hanno subito amputazioni e hanno riportato danni permanenti fisici, oltre a quelli psicologici.

Il 19 aprile 2013 l’FBI ha individuato due persone sospettate di aver piazzato gli ordigni: Džochar Carnaev (20 anni) e suo fratello Tamerlan (26 anni), entrambi ceceni. Il movente era da ricondurre alla loro radicalizzazione islamica, che però proveniva da due lupi solitari, non collegati ad alcuna organizzazione terroristica. I due fratelli avevano anche ucciso un agente di polizia, fuggendo ma, in uno scontro a fuoco, anche Tamerlan è morto. Džochar, gravemente ferito negli scontri, non è scappato molto lontano. Gli agenti l’hanno trovato, dopo poche ore, ed arrestato. Nel 2015 è arrivata la sentenza del tribunale: pena di morte per il ragazzo. Lo scorso dicembre, però, i suoi avvocati hanno chiesto una “grazia”, per convertire la pena capitale in ergastolo.

Ad oggi, la maratona di Boston è ancora un evento molto attivo. Hanno deciso, sin dall’anno successivo, di non interrompere la tradizione, che sarebbe stato sinonimo di un cedimento alla paura e al terrore. Ovviamente, le edizioni successive sono state caratterizzate da un’attenzione maniacale ai controlli, per vivere la manifestazione perfettamente in sicurezza. Anzi, da quel giorno, il 14 aprile è il One Boston Day, un giorno per mantenere vivo il ricordo, lanciando un messaggio sociale. “Strong” Boston è l’epiteto col quale si è vestita la città, che non vuole cedere ai ricatti della cattiveria, ma vuole rinascere più forte di prima.

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