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L’Eurovision Song Contest diventa terreno fertile per la strumentalizzazione politica

E’ uno degli eventi musicali più attesi dai cittadini europei (e non solo) ma questa volta la musica, lo spettacolo e l’aggregazione rischiano di passare in secondo piano a causa di strumentalizzazioni politiche. L’Eurovision Song Contest quest’anno si svolgerà a Tel Aviv (la vincitrice della scorsa edizione era proprio un’israeliana), ma la scelta della capitale dello Stato Ebraico rischia, questa volta, di diventare un vero e proprio boomerang.

Motivazioni politiche e religiose di chi è contro

Inutile ricordare che il conflitto israelo-palestinese è la ragione fondante e diversi artisti e associazioni hanno chiesto di spostare in un altro luogo l’evento musicale, esprimendosi anche a sostegno dei diritti dei palestinesi calpestati da Israele. Attenzione però, non si parla di boicottaggio. Personaggi come Stephen Fry, Marina Abramovic e Sharon Osbourne solo per citarne alcuni, non vogliono neanche menzionare questa parola perchè sarebbero da ritenere un affronto tanto per gli israeliani che per i palestinesi.

Chi difende la scelta di Tel Aviv

Ad esprimersi tra le prime su questa tema è stata ovviamente Netta Barzilai, che ha portato l’edizione di quest’anno nella capitale Tel Aviv: “Boicottare l’Eurovision song contest in Israele significa “diffondere l’oscurita”. La ragazza ha poi ricordato che l’evento fu istituito sulla scia della Seconda Guerra Mondiale per guarire un continente piagato “attraverso un festival di luce.

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