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Biden: “Se Israele invade Rafah non manderò più armi offensive”

Per la prima volta il presidente Usa ha riconosciuto che le bombe americane sono state usate per uccidere civili a Gaza

Le elezioni americane entrano nel vivo, malgrado manchino 6 mesi al voto per le presidenziali, e Joe Biden imprime una svolta alla politica della Casa Bianca verso Israele. Le Università statunitensi sono attraversate da vaste proteste contro la guerra a Gaza, fatta anche grazie alle armi americane, che gli studenti definiscono un “genocidio” del popolo palestinese. In un’intervista alla Cnn il presidente Usa ha detto per la prima volta di voler condizionare le forniture militari. Continuando, cioè, a fornire quelle difensive ma non quelle offensive se Tel Aviv invaderà Rafah.

Parole arrivate dopo la prima sospensione, l’altro giorno, dell’invio di migliaia di bombe all’alleato mediorientale. “Continueremo a garantire che Israele sia sicuro in termini di Iron Dome e della sua capacità di rispondere agli attacchi giunti di recente dal Medio Oriente“, ha spiegato Biden alla Cnn. “Ma è semplicemente sbagliato. Non lo faremo, non forniremo armi e proiettili di artiglieria“, ha aggiunto, riferendosi allo scenario di una vasta operazione di terra a Rafah.

Joe Biden usa armi Israele
Joe Biden (a destra). Foto Ansa/Epa Samuel Corum

Le bombe Usa sui civili di Gaza

In realtà una graduale invasione del territorio periferico di Rafah sarebbe già cominciata, di fatto, in questi giorni. “Ho messo in chiaro che se entrano a Rafah, ma non vi sono ancora entrati – ha affermato Joe Bidennon fornirò le armi“. “Ho detto chiaramente a Bibi (Netanyahu, il premier israeliano ndr.) e al gabinetto di guerra: non otterranno il nostro sostegno, se effettivamente attaccano questi centri abitati“.

Il presidente degli Stati Uniti ha sostenuto che per il momento le azioni di Israele non hanno superato questa linea rossa. “Non sono entrati in centri popolati” ha sottolineato, quasi a giustificare l’esercito di Israele. Biden ha riconosciuto, però, che le bombe americane sono state usate per uccidere civili a Gaza nell’offensiva delle forze di Tel Aviv. “Civili sono stati uccisi a Gaza come conseguenza di quegli ordigni e di altri modi in cui attaccano i centri abitati“, ha detto Biden. Si riferiva alle bombe da 2.000 libbre (1000 kg circa) la cui fornitura è stata sospesa.

Israele: “Molti hanno votato Biden, adesso…

Immediata la reazione da parte dello stato ebraico: “Commenti molto deludenti“, ha definito le frasi di Biden l’ambasciatore israeliano all’ONU Gilad Erdan. “Naturalmente qualsiasi pressione su Israele i nostri nemici la interpretano come qualcosa che dà loro speranza. Ci sono molti ebrei americani che hanno votato per il presidente e per il Partito Democratico, e ora sono esitanti“.

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Un bambino palestinese ferito a seguito di un attacco israeliano a Rafah. Foto Ansa/Epa Haitham Imad

Sta di fatto, però, che le notizie di bombardamenti su quartieri dell’abitato di Rafah si intensificano. L’emittente araba Al Jazeera ha affermato che 4 persone sono morte e altre 16 sono rimaste ferite in un bombardamento israeliano nella notte del 9 maggio contro un edificio residenziale di Rafah, nel quartiere occidentale di Tal as-Sultan.

Fonti palestinesi citate dal Times of Israel hanno riferito di “intensi raid aerei e di avanzata di tank” nel quartiere nord di Zeitun di Gaza City. In precedenza l’Idf (le forze israeliane) aveva fatto sapere di aver attaccato “obiettivi terroristici di Hamas nel centro della Striscia. Il sito Ynet ha parlato di un “raid di terra piuttosto ampio” nell’area del Corridoio Netzarim. Sul fronte delle trattative per una tregua non si muove quasi nulla. I delegati di Hamas mantengono la propria posizione favorevole all’ultima bozza di accordo. Lo ha detto Izzat El-Reshiq dell’ufficio politico del movimento islamista al potere nella Striscia di Gaza. La guerra tuttavia continua e sembra che nessuno voglia davvero fermarla.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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