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La vittoria di Trump: cosa resterà dell’America?

Gli americani si sono svegliati con Trump eletto Presidente e davanti alla Casa Bianca un’America si è tolta la maschera, l’altra è caduta in ginocchio.

Manifestanti in piazza a Oakland hanno bruciato i cartonati di Trump e messo a fuoco macchine, a Berkley gli studenti hanno cantato “Non il nostro Presidente”, a Pittsburgh “No Trump, no KKK, no all’America fascista”, altre oscenità sono state urlate dagli studenti della University of Oregon. Sembra un’America che protesta, quella ritratta dalla stampa internazionale, eppure è un paese che un presidente l’ha scelto e che ha creduto che un imprenditore avrebbe fatto la storia.

Quella che si trova oggi in piazza è un’America che ha perso: hanno perso le donne che sono svilite dal loro leader nel passato, nel presente e con tutta probabilità anche nel futuro; hanno perso i democratici che si vedono usurpati del loro diritto di vivere integrandosi con lo straniero e il diverso, hanno perso gli immigrati che hanno scelto gli Stati Uniti come oasi per crescere e costruire una famiglia, ma sopratutto e più di tutto hanno perso i grandi elettori che hanno frantumato il paese leader di rinascita e di potere.

Infine ha perso Hillary Clinton che avrebbe potuto fare la storia, diventando la prima donna presidente degli Stati Uniti, ma è rimasta una politica sommamente impopolare, recepita distante dagli americani comuni. Una donna, appunto, di potere, sulla breccia prima al fianco del marito Bill Clinton – Governatore dell’Arkansas e presidente degli Stati uniti per due mandati – e poi con la sua corsa alla Casa bianca inframmezzata dalla carica di segretaria di Stato. Oggi, dunque, in America non si può parlare di vittoria, ma solo di sconfitta; se rinascerà o meno dalle sue ceneri, sarà solo il tempo a dircelo.
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Photo Credits: Facebook

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