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Gates-Harris e Musk-Trump: i grandi finanziatori della politica Usa

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Bill Gates e Elon Musk emergono come figure di spicco tra i grandi finanziatori delle elezioni statunitensi, con Gates a sostegno di Kamala Harris e Musk a favore di Donald Trump. I loro contributi influenzano le dinamiche elettorali, alimentando dibattiti su tecnologia, politica e potere.

Le elezioni presidenziali negli Stati Uniti hanno sempre attirato un’attenzione globale per il loro impatto internazionale e per l’enorme quantità di denaro che muovono. Tra i nomi più influenti di questa tornata elettorale, emergono Bill Gates e Elon Musk, due giganti del mondo tecnologico che sostengono candidati diametralmente opposti: Kamala Harris e Donald Trump. La presenza di finanziatori di tale calibro non è una novità nelle elezioni americane, ma il coinvolgimento di Gates e Musk riflette un cambiamento nelle dinamiche di potere tra politica e tecnologia, dove le visioni contrastanti dei due imprenditori stanno influenzando il panorama politico e mediatico.

Foto Ansa/Epa VelveMag

Gates e il sostegno a Harris

Bill Gates, noto per la sua filantropia e il suo impegno nel miglioramento globale, ha scelto di sostenere attivamente Kamala Harris nella sua corsa alla presidenza. Gates ha a lungo sostenuto politiche progressiste, in particolare in aree come l’istruzione e la sanità pubblica, temi centrali anche nel programma elettorale di Harris.

Il fondatore di Microsoft ha donato ingenti somme attraverso la sua rete di fondazioni e gruppi di sostegno politico, cercando di spingere l’agenda di Harris su questioni critiche come il cambiamento climatico e l’uguaglianza sociale. Gates, infatti, ha più volte sottolineato la necessità di investire in soluzioni sostenibili e di ridurre la disparità economica, temi che trovano risonanza nel programma della candidata democratica.

Inoltre, Gates ha espresso preoccupazione per l’impatto della tecnologia sull’occupazione e ha supportato politiche volte a garantire che l’automazione e l’intelligenza artificiale non lascino indietro lavoratori tradizionali. Questo allineamento di valori tra Gates e Harris ha cementato il loro rapporto politico, rendendolo uno dei sostenitori più rilevanti della sua campagna.

Musk non vuole Harris

Dall’altro lato dello spettro politico, Elon Musk, fondatore di Tesla e SpaceX, ha confermato il suo sostegno a Donald Trump affinché sconfigga Kamala Harris nelle urne il 5 novembre. Musk, noto per le sue idee libertarie e per la sua opposizione a un controllo governativo eccessivo, vede in Trump un baluardo contro l’espansione dell’intervento statale in settori come l’energia e la tecnologia.

Kamala Harris. Foto Ansa/Epa Jim Lo Scalzo

Negli ultimi anni Musk è emerso come una figura controversa nel mondo politico, con posizioni spesso in contrasto con quelle della comunità tecnologica tradizionale. La sua vicinanza a Trump è stata alimentata dalla convinzione che l’ex presidente sia più propenso a favorire un ambiente pro-business, riducendo le regolamentazioni che Musk considera dannose per l’innovazione e la crescita economica.

Tecnologia e politica

Musk ha anche investito risorse significative nel sostenere campagne di disinformazione e narrazioni alternative sui social media, utilizzando le sue piattaforme come X (ex Twitter) per influenzare l’opinione pubblica. Questa dinamica ha sollevato critiche da parte dei detrattori di Trump, che vedono in Musk una minaccia alla trasparenza e all’integrità del processo democratico.

La partecipazione attiva di Gates e Musk nelle elezioni statunitensi mette in evidenza la crescente influenza del mondo tecnologico sulla politica. Se Gates è visto come un sostenitore delle politiche progressiste, che cercano di livellare le disuguaglianze, Musk rappresenta l’approccio opposto, a favore di un mercato libero e senza restrizioni.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore. Segui Domenico su Facebook Segui Domenico su Linkedin

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