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Riforma delle pensioni, le ultime novità di quest’anno

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La riforma delle pensioni del 2024, introdotta con la legge di bilancio, porta con sé una serie di cambiamenti significativi nel sistema pensionistico italiano, già ormai da un decennio in profonda rivoluzione rispetto al passato. Questi cambiamenti mirano a garantire una maggiore flessibilità nell’accesso alla pensione, un adeguamento degli importi e misure per migliorare le pensioni future. Di seguito, analizziamo le principali novità e le loro implicazioni.

Una delle modifiche più rilevanti al sistema delle pensioni italiane riguarda Quota 103, che viene sostituita da Quota 104. In pratica, l’età minima per accedere alla pensione anticipata con 41 anni di contributi passa da 62 a 63 anni. Inoltre, l’Ape Sociale e Opzione Donna sono state unificate in una nuova misura che consente il pensionamento anticipato a 63 anni per chi ha almeno 36 anni di contributi (35 per le donne) e appartiene a categorie specifiche come disoccupati, invalidi o caregivers.

Foto Ansa/Luca Zennaro

Indicizzazione e rivalutazione

Un altro cambiamento importante riguarda il sistema di indicizzazione delle pensioni. A partire da gennaio 2024 è ripartito un sistema più favorevole che tiene conto dell’inflazione, sebbene il Governo stia considerando modifiche che potrebbero ridurre la rivalutazione per le pensioni più alte. L’obiettivo è applicare una rivalutazione completa fino a quattro volte il trattamento minimo, con percentuali decrescenti per importi superiori.

Pensioni di vecchiaia

La riforma delle pensioni introduce modifiche anche per la pensione di vecchiaia. Dal 2024, viene eliminato il requisito per i contributivi pur di avere un assegno pari a 1,5 volte l’importo sociale per accedere alla pensione a 67 anni con almeno 20 anni di contributi. Tuttavia, per accedere alla pensione a 64 anni con 20 anni di contributi, l’importo deve essere pari a tre volte l’assegno sociale, con riduzioni per le donne con figli.

Aumento delle Minime

Per quanto riguarda gli importi, la legge di bilancio prevede un aumento delle pensioni minime e un nuovo taglio alla rivalutazione delle pensioni superiori a un certo importo. Questi adeguamenti mirano a sostenere i pensionati con redditi più bassi, mentre si riducono le rivalutazioni per le pensioni più alte, bilanciando le risorse disponibili con le necessità dei pensionati più vulnerabili.

Foto Ansa/Claudio Peri

Sfide e prospettive

Nonostante le modifiche apportate, la riforma affronta diverse sfide economiche e politiche. La sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico è un tema cruciale, soprattutto in un contesto di risorse limitate e crescenti esigenze demografiche. Come è noto, infatti, l’Italia – e in generale tutto il mondo ricco occidentale – vive una fase di ‘inverno demografico’, con bassissime percentuali di figli per ogni donna che diventa madre. A tutto ciò si aggiunge il fatto che mancano all’appello milioni di giovani italiani, soprattutto meridionali. Le persone nella fascia d’età fra i 18 e i 34 anni sono sempre di meno nel nostro Paese.

Secondo le proiezioni del Ministero dell’Economia e delle Finanze, in particolare, la spesa pensionistica in rapporto al Prodotto interno lordo (Pil) aumenterà fino al 2040, per poi diminuire gradualmente fino al 2070. La riforma del 2024 rappresenta un passo importante verso un sistema più flessibile e sostenibile. Ma chiede molti sacrifici ai lavoratori. Soprattutto a coloro che svolgono lavori usuranti: in fabbrica, in azienda, a scuola. Esposti a pericoli, compresi gravi infortuni e incidenti mortali.

Tuttavia, l’efficacia della riforma delle pensioni dipenderà dalla capacità del Governo Meloni di bilanciare le esigenze di diverse generazioni e di gestire le risorse finanziarie in modo efficiente. Rimangono ancora molte incertezze che saranno chiarite solo con l’attuazione delle nuove misure e la loro applicazione pratica nel corso dei prossimi anni.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore. Segui Domenico su Facebook Segui Domenico su Linkedin

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