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Arrestato Marcello Colafigli, l’ultimo boss della Magliana

Gravato da diversi ergastoli era in regime di semilibertà. E gestiva ancora, secondo le accuse, un vasto traffico di droga a Roma

Uno dei capi storici della banda della Magliana, Marcello Colafigli, 70 anni, è stato arrestato a Roma il 4 giugno. Colafigli è finito in manette nell’ambito di un’operazione antidroga della Direzione distrettuale antimafia nelle province di Roma, Napoli, Foggia e Viterbo.

La Dda ha emesso misure cautelari nei confronti di 28 persone. Tutte indagate, a vario titolo, di associazione finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, tentata rapina in concorso, tentata estorsione in concorso. Ma anche ricettazione e possesso illegale di armi, procurata inosservanza di pena e favoreggiamento personale.

Colafigli banda Magliana
Foto Ansa/VelvetMag

Il sodalizio criminale

Le indagini dei Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma, dirette dalla Dda di Roma nel giugno 2020, hanno permesso di raccogliere gravi elementi indiziari. Esiste ancora oggi, secondo le forze dell’ordine, un sodalizio criminale con base logistica nella Capitale e operativo nell’area della Magliana e sul litorale laziale. Lo capeggia Marcello Colafigli che, in regime di semilibertà dal carcere, avrebbe pianificato cessioni ed acquisti di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti da Spagna e Colombia. Mentre manteneva rapporti con esponenti della ‘ndrangheta, della camorra, della mafia foggiana. E anche con albanesi inseriti in un cartello narcos sudamericano.

Colafigli e la banda della Magliana

Marcello Colafigli è stato riconosciuto come uno dei soci fondatori del gruppo criminale noto con il nome di banda della Magliana. Assieme a Franco Giuseppucci, Enrico De Pedis, Maurizio Abbatino e Nicolino Selis. Questi ultimi tutti morti assassinati, tranne Abbatino ancora in vita e oggi collaboratore di giustizia. Su Colafigli gravano più ergastoli. È stato condannato, tra l’altro, per il sequestro e l’omicidio del Duca Massimo Grazioli Lante della Rovere. Ossia l’azione con cui la banda della Magliana ha cominciato la propria attività criminale. Colafigli ha ricevuto la condanna anche in qualità di mandante dell’omicidio di Enrico De Pedis nel 1990.

Conosciuta dai più nella fortunata serie tv Romanzo Criminale, la banda della Magliana ha soggiogato Roma e più in generale il Lazio negli anni che vanno dal 1977 al 1993. I temibili componenti dell’organizzazione sono in gran parte morti, alcuni sono diventati collaboratori di giustizia altri sono in carcere. Eppure Marcello Colafigli, detto Marcellone, che ha ispirato il personaggio del Bufalo nel libro Romanzo Criminale, non aveva lasciato la scena della Capitale. Come detto, in regime di semilibertà è stato arrestato nell’ambito di un’operazione della Dda capitolina tra le province di Roma, Napoli, Foggia e Viterbo.

Banda Magliana componenti oltre Colafigli
I componenti di spicco della banda della Magliana: in alto da sinistra, prima fila, Franco Giuseppucci, Enrico De Pedis, Maurizio Abbatino, Danilo Abbruciati, Enrico Nicoletti. Seconda fila: Edoardo Toscano, Marcello Colafigli, Fulvio Lucioli, Vittorio Carnovali, Claudio Sicilia. Terza fila: Nicolino Selis, Antonio Mancini, Massimo Carminati, Manlio Vitali e Stefano Pompili.

L’omicidio di De Pedis

Settant’anni, nato a Poggio Mirteto (Rieti), Colafigli ha partecipato all’omicidio, come mandante, di Enrico De Pedis, detto Renatino, il 2 febbraio 1990. Si trattava del boss della banda, ancora oggi noto alle cronache per un suo presunto ruolo, per altro tutto da dimostrare, nel presunto rapimento di Emanuela Orlandi. Ovvero la cittadina vaticana adolescente scomparsa e mai più ritrovata il 22 giugno 1983, il cui caso costituisce uno dei peggiori misteri irrisolti della cronaca nera e giudiziaria dell’ultimo mezzo secolo in Italia. Come è noto nel gennaio del 2023, all’indomani della morte del papa emerito Benedetto XVI, il Vaticano ha aperto un’inchiesta giudiziaria.

Renatino fu attirato in un’imboscata con la complicità di Angelo Angelotti in una bottega d’antiquariato di via del Pellegrino a Roma. Nel corso della sua vita Colafigli ha subito la reclusione nel manicomio di Aversa (Napoli), da cui poi evase, dopo che aveva giustificato la partecipazione a un agguato a Roma del 1981 per vendicare l’uccisione di Franco Giuseppucci, Er Fornaretto. Aveva infatti sostenuto che lo stesso boss gli fosse apparso in sogno per chiedergli di uccidere i fratelli Proietti, ritenuti responsabili del suo omicidio.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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