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Redditometro, che pasticcio: il decreto c’è ma Meloni lo silura sui social media

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Il redditometro, risorto dopo anni di mancato utilizzo, è già di nuovo sepolto. Per la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, lo strumento che consente di analizzare spese e tenore di vita dei contribuenti per risalire ai loro redditi reali, al di là di quanto ufficialmente dichiarano, è un “grande fratello fiscale”. Perciò, non se ne parli più, almeno per adesso, a poco più di due settimane dalle elezioni europee. 

In un video diffuso sui social media, il 22 maggio, la premier ha affermato: “Ho incontrato il viceministro Leo, ci siamo confrontati sui contenuti” del decreto ministeriale sul redditometro. E “siamo giunti alla conclusione che sia meglio sospendere” il provvedimento. “In attesa di ulteriori approfondimenti“. “Il nostro obiettivo è e rimane quello di contrastare la grande evasione e il fenomeno inaccettabile, ad esempio, di chi si finge nullatenente ma gira con il Suv. O va in vacanza con lo yacht. Senza però per questo vessare con norme invasive le persone comuni” ha aggiunto la premier, omettendo che proprio a quello serve lo strumento del redditometro.

Foto Ansa/VelvetMag

Redditometro, la Lega vuole eliminarlo

Nemmeno il tempo di festeggiare la ritrovata armonia e già la Lega si affrettava a mettere il cappello su un ulteriore passo in avanti. Ovvero il superamento del redditometro nella sua interezza. Ha avuto il libera dell’Aula della Camera, infatti, l’ordine del giorno leghista al dl superbonus che chiede di “chiarire la portata del decreto ministeriale” pubblicato in Gazzetta “confermando il superamento del redditometro“.

L’ordine del giorno ha avuto parere favorevole del Governo, con riformulazione, e lo ha sottoscritto anche Fratelli d’Italia. Già nella mattinata del 22 maggio la presidente del Consiglio aveva preannunciato il siluramento del redditometro. Un mezzo di accertamento fiscale spuntato all’improvviso, a poco più di due settimane dalle elezioni europee. E che ha generato 24 ore di caos di nella maggioranza di Centrodestra.

Meloni affonda il decreto

Affidandosi sempre ai social media – ormai strumento principe dei leader politici, specie quando occorre saltare ogni mediazione per rivolgersi direttamente alla ‘gente’ – la premier era stata categorica. “Mai nessun grande fratello fiscale sarà introdotto da questo Governo. Sono sempre stata contraria a meccanismi invasivi di redditometro applicati alla gente comune“.

Una posizione immediatamente rilanciata dal vicepremier e leader di Forza Italia, Antonio Tajani, che così ha clamorosamente smentito il viceministro all’Economia, Maurizio Leo, suo compagno di partito e firmatario del decreto sul redditometro. “Il redditometro non funziona” ha affermato Tajani. “È uno strumento obsoleto e superato che piace alla sinistra e crea un sacco di contenziosi. Farò di tutto perché venga abolito. Al prossimo Consiglio dei ministri presenterò la proposta di abrogarlo. Ne parlerò con Leo e ne chiederò l’abolizione“.

Il viceministro di Forza Italia

Eppure, in un’intervista al Corriere della Sera, Maurizio Leo aveva ribadito che l’introduzione del redditometro “era un atto dovuto“. Ossia “un provvedimento su cui si è soffermata la Corte dei Conti, che sottintendeva anche un possibile danno erariale per la mancata adozione dei criteri induttivi, sospesi dal 2018, utilizzabili per il redditometro”. Leo aveva ricordato come la norma fosse attesa “da sei anni e che è stata “preventivamente condivisa con le associazioni dei consumatori, l’Istat e il garante per la privacy“. “Sul redditometro siamo al solito disastro di un Governo che si divide” è stato il commento della segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein.

Maurizio Leo, viceministro dell’Economia. Foto Ansa/Fabio Frustaci

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore. Segui Domenico su Facebook Segui Domenico su Linkedin

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