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Apple, il Governo Usa contro gli iPhone: “Monopolio che viola l’antitrust”

Causa giudiziaria senza precedenti. Potrebbe portare a uno 'spezzatino' aziendale per rompere lo strapotere nel comparto degli smartphone

Il Governo degli Stati Uniti fa causa a Apple e accusa di la società di Cupertino di aver mantenuto il monopolio nel settore degli smartphone. In questo modo soffocando la concorrenza e limitando la scelta dei consumatori. La causa giudiziaria contro Apple è per violazione delle leggi antitrust. E rappresenta l’ultimo affondo in ordine temporale dell’amministrazione Biden contro il dominio di Big Tech.

Nell’azione legale il Dipartimento di Giustizia e i procuratori generali di 16 Stati americani prendono di mira l’ecosistema dell’iPhone. Che da decenni è il motore della crescita di Apple. Cupertino è “una delle società che vale di più al mondo” ha detto il procuratore generale degli Stati Uniti Merrick Garland. L’utile netto della big tech “supera il Pil di più di 100 paesi” in gran parte grazie all’iPhone. Le accuse del Governo Usa a Apple sono di aver mantenuto il monopolionon perché ha prodotto una tecnologia superiore. Ma perché ha limitato e utilizzato tattiche di esclusione” nei confronti della concorrenza.

Apple iPhone antitrust monopolio
Foto Ansa/Epa Allison Dinner

La replica di Apple

I consumatori non dovrebbero pagare prezzi più alti perché le società violano le leggi antitrust” ha osservato ancora Garland. Il ministro ha messo l’accento sulle barriere introdotte da Apple per rendere difficile ai suoi clienti l’uscita dal suo ecosistema. Apple ha respinto seccamente le accuse e bollato l’azione legale come “sbagliata“.

Questa causa minaccia chi siamo e il principio che distingue i nostri prodotti in un mercato fortemente competitivo” ha spiegato la società di Cupertino, precisando che se la causa avrà successo metterà “in pericolo la nostra capacità di creare la tecnologia che la gente si attende da Apple“. E creerà un “precedente pericoloso“, concedendo al Governo “il potere di esercitare un ruolo pesante nella progettazione della tecnologia per le persone. Riteniamo che la causa sia sbagliata nei fatti e nella legge e ci difenderemo“.

Fatturato a 85 miliardi di dollari

Parole che non bastano a rassicurare chi teme gli effetti dell’azione legale sui ricavi dai servizi di Apple, un’azienda gigantesca che fattura 85 miliardi di dollari l’anno. E soprattutto sui possibili rimedi che le autorità potrebbe prendere, fra i quali – ipotizzano alcuni osservatori – uno spezzatino. Preoccupazioni che affondano i titoli di Cupertino a Wall Street (arrivati a perdere oltre il 3%) in una seduta record per i listini americani. Proprio mentre l’amministratore delegato Tim Cook è in Cina per sostenere Apple in uno dei suoi mercati più importanti.

Usa Apple causa giudiziaria
Il procuratore generale degli Stati Uniti Merrick Garland. Foto Ansa/Epa Michael Reynolds

Il Dipartimento di Giustizia ha iniziato a indagare su Apple nel 2019. E invece di concentrarsi solo sull’App Store, il Dipartimento di giustizia ha preso di mira l’intero ecosistema di prodotti e servizi Apple. Nell’azione legale le autorità infatti puntano il dito sulle restrizioni imposte agli sviluppatori, ai videogiochi e all’offerta di applicazioni in grado di competere con i prodotti Apple come il ‘digital wallet‘.

Criticate anche le difficoltà di chi ha un iPhone a messaggiare con chi ha altri smartphone, come ad esempio quelli che girano sul sistema operativo Android di Google. Ma anche le difficoltà di far funzionare un iPhone con uno smartwatch che non è l’Apple Watch. Cupertino, ha sottolineato ancora l’accusa, ha anche prevenuto lo sviluppo delle cosiddette ‘super app‘ per mantenere gli utilizzatori dell’iPhone nell’ecosistema Apple. Consentire le super-app avrebbe voluto dire “aprire la porte ai barbari“, ha detto il Dipartimento di Giustizia citando un’email di un manager di Apple.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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