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Navalny: il corpo alla famiglia, resta l’incognita del funerale

Una settimana dopo la morte le autorità hanno consegnato la salma alla madre ma non vogliono che ci siano funerali pubblici

Una settimana dopo l’oscura morte, per cause misteriose, di Alexei Navalny in una colonia penale della Russia artica dove era rinchiuso, la salma del leader politico russo, principale oppositore di Vladimir Putin, è tornata alla famiglia. Le autorità hanno consegnato il corpo alla madre, Lyudmila Ivanonva Navalnaya, che il 20 febbraio aveva rivolto un video appello al presidente della Federazione Russa per “dare umana sepoltura” al figlio. 

A riferire della consegna del corpo di Navalny è stata la sua portavoce, Kira Yarmysh. La quale ha scritto su X che la madre del politico e attivista si trova ancora a Salekhard, la città artica dove la salma è stata finora conservata nell’obitorio di un ospedale. Ma non è chiaro se i funerali potranno essere pubblici o se dovranno rimanere segreti, come pretendevano gli investigatori, secondo quanto ha affermato nei giorni scorsi Lyudmila Ivanovna Navalnaya.

Navany funerali salma
La madre e l’avvocato di Alexei Navalny

Ricatti alla madre di Navalny

Non sappiamo ancora se le autorità interferiranno nella possibilità che si celebrino le esequie  nel modo in cui vuole la famiglia e che Alexei merita. Vi terremo informati quando ci saranno notizie” ha commentato la portavoce. Tutta l’attenzione è quindi ora concentrata sulle modalità delle esequie, per sapere se Mosca permetterà un ultimo saluto pubblico all’oppositore che per anni ha sfidato Putin.

Il 24 febbraio, nel secondo anniversario dall’inizio della cosiddetta “operazione militare speciale” – cioè l’invasione russa dell’Ucraina – la polizia ha fermato una trentina di persone a Mosca e in alcune altre città. Cittadini che deponevano ancora fiori sui memoriali improvvisati per Navalny, come già avvenuto la scorsa settimana. Altre tre sono state fermate mentre protestavano individualmente contro il conflitto. Il 22 febbraio la madre di Navalny aveva raccontato in un video che mostriamo sotto le minacce ricevute dalle autorità del penitenziario in cui è morto il figlio.

Yulia: “Putin falso cristiano

Yulia Navalnaya, la moglie di Alexei Navalny che ha promesso di continuare la lotta del dissidente morto, aveva accusato Vladimir Putin di aver preso in ostaggio il corpo del marito. “Putin ha ucciso mio marito… Ma a quanto pare uccidere non è bastato, ora ha preso in ostaggio la sua salma, umiliando sua madre per costringerla ad accettare una sepoltura segreta“, aveva detto la vedova con voce tremante in un video pubblicato online. Navalnaya ha attaccato direttamente il leader russo. “A Putin piace mostrarsi come un devoto cristiano, sapevamo già che la fede di Putin era una bugia, ma ora lo vediamo più chiaramente che mai. La fede non è baciare un’icona. La fede è bontà, misericordia e salvezza. Nessun cristiano vero farebbe mai quello che lui sta facendo con il corpo di Alexei“.

La moglie di Navalny col marito in un'immagine postata su X dall'account ufficiale dell'oppositore di Putin
Navalny con la moglie Yulia. Foto X @navalny

Il mistero della morte

In ogni caso, a una settimana dalla notizia della morte di Alexei Navalny, è buio fitto su che cosa sia realmente accaduto. Nessuno, però, crede che il più carismatico oppositore di Putin sia deceduto per una “trombosi” o una “morte improvvisa“: insomma per “cause naturali“, come hanno affermato le autorità russe. Il quotidiano inglese The Times ha svelato nei giorni scorsi agghiaccianti particolari sul decesso. Una fine che sarebbe avvenuta a causa di un brutale assassiniocon un pugno al cuore dopo un congelamento ha scritto il giornale londinese, che ha citato il dissidente Vladimir Osechkin. Si tratta del fondatore di Gulagu.net, gruppo di attivisti russi per la difesa dei diritti umani.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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