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Il team Navalny: “Sparito il corpo di Alexsei, l’hanno ucciso”. Centinaia di arresti in tutta la Russia

In molte città i russi hanno deposto fiori in omaggio al dissidente. La polizia ha arrestato, picchiato e portato via uomini e donne

Il cadavere di Alexsei Navalny, il più carismatico leader politico russo oppositore di Putin morto il 16 febbraio, sarebbe scomparso. I collaboratori del dissidente parlano esplicitamente di “omicidio pianificato”, altro che “morte improvvisa”. Per la moglie Yulia e i giornalisti e investigatori del suo team, Navalny è stato deliberatamente assassinato. E le autorità non vogliono riconsegnare il corpo alla famiglia per “nascondere le tracce” del delitto.

Il tutto mentre centinaia di russi sono scesi in piazza in decine di città, a cominciare da Mosca, per rendere omaggio al dissidente scomparso. La polizia ha fermato quasi 400 persone. Arrestate, picchiate, trascinate via a bordo delle camionette con la forza. Avevano portato un mazzo di fiori per onorare la memoria di Navalny in luoghi come le piazze dei monumenti alle vittime dei gulag, in alcuni casi inscenando proteste.

Navalny Russia fiori
Foto X @anneapplebaum

Sui social media circolano molti video ripresi con telefonini e videocamere di uomini e donne caricati a forza sui furgoni della polizia. In uno, in particolare, che qui riproduciamo, si vede un uomo che viene buttato a terra e quasi soffocato nella neve sul bordo di una strada, prima di essere portato via. La ong russa Ovd-Info, che tutela i diritti dei cittadini incarcerati, ha dichiarato che 359 persone sono state fermate in 32 città. Di esse almeno 120 sono tornate in libertà.

L’odissea della madre di Navalny

Il lungo viaggio notturno intrapreso dalla madre di Navalny, Lyudmila Ivanovna Navalnaya, e dal suo avvocato, Leonid Solovyov, verso il distretto artico di Yamalo-Nenets, dove sorge la colonia penale IK-3 in cui era rinchiuso, non ha fruttato notizie certe. A parte la conferma della morte, comunicata ufficialmente alla donna. Dal momento del loro arrivo nella regione, anzi, il viaggio si è trasformato in un’odissea, con il susseguirsi di notizie contraddittorie.

Dalla città di Salekhard, dove sono atterrati, la madre di Navalny e il legale hanno raggiunto il carcere, distante 50 chilometri. Qui, ha fatto sapere la portavoce dell’oppositore, Kira Yarmysh, hanno dovuto aspettare due ore prima che un funzionario uscisse per dire loro che il corpo era stato portato in un obitorio a Salekhard, a disposizione del Comitato investigativo, che sta conducendo l’inchiesta.

Navalny morte Siberia
Alexsei Navalny. Foto X @marsetac

Tornati a Salekhard, i due hanno trovato la camera mortuaria chiusa. Alla richiesta di notizie a un numero telefonico affisso alla porta qualcuno ha risposto che la salma non si trovava là. Ivan Zhdanov, dirigente della Fondazione anticorruzione di Alexsei Navalny, ha riferito che però già alla colonia penale alla madre qualcuno aveva detto che Navalny era deceduto per una non meglio precisata “sindrome da morte improvvisa“. Mentre all’avvocato, aggiunge il team di Navalny, è stato detto che “la causa della morte non è stata stabilita” e che la salma sarà trattenuta fino alla fine dell’inchiesta. Ovvero fino almeno alla settimana prossima, quando dovrebbero esserci i risultati degli esami istologici.

“Navalny, omicidio pianificato”

La conclusione di Kira Yarmysh è netta: “Non c’è alcun dubbio – ha affermato la portavoce – che l’omicidio era stato pianificato. Ora chiediamo che le autorità consegnino il corpo di Navalny alla famiglia, e facciamo appello a tutti perché lo chiedano con noi. Questa è la cosa più importante che possiamo fare“. Un altro appello, lanciato da Yarmysh in un’intervista alla testata indipendente Dozhd, riguarda il futuro del movimento. “La cosa più importante – ha affermato – è continuare a lavorare. Non è scomparsa la nostra convinzione che la bella Russia del futuro verrà“.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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