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Violenza economica sulle donne: il 37% delle italiane non ha un conto corrente

È allarme per la vasta diffusione di una delle forme più subdole di sopruso maschile su mogli e compagne

La violenza sulle donne passa anche dalla scarsa o nulla autonomia economica che tante cittadine vivono. Nel nostro Paese, stando ai dati di una ricerca di Episteme dal titolo Le donne e la gestione famigliare, il 37% delle italiane non dispone di un conto corrente in banca.

È un numero incredibile. La violenza economica è una forma di violenza meno visibile ma funzionale a limitare la libertà femminile” ha dichiarato la ministra alla Famiglia, Natalità e Pari Opportunità, Eugenia Roccella, intervenendo in Commissione Bicamerale Femminicidio.

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In Italia 4 donne su 10 non possiedono risorse economiche proprie. Foto @TgrRaiMolise

Alla violenza economica sulle donne abbiamo deciso di dedicare un focus particolare, con l’Osservatorio Antiviolenza” ha detto Roccella. “Perché i dati sono spaventosi. Come ministero sottoscriveremo un protocollo d’intesa con l’Abi (Associazione bancaria italiana), già pronto, per prevenire e contrastare questa forma di violenza insidiosa“.

Cos’è la violenza economica?

Le forme di violenza economica sono moltissime” spiega l’economista Azzurra Rinaldi. Si va dai casi più eclatanti in cui chi compie l’abuso sottrae alla donna i risparmi accumulati che derivano da regali, a delle forme che sono molto più subdole e difficili da identificare. Ad esempio il compagno che controlla le spese della compagna o che obbliga la donna a chiedere perfino i soldi per la spesa o di mostrare gli scontrini.

L’abusante arriva a nascondere le informazioni circa le finanze della famiglia. Quindi quanti soldi ci sono sul conto corrente” afferma ancora Rinaldi. “Ciascuno di questi comportamenti deve rappresentare per le donne un campanello d’allarme“. Quali sono le donne più a rischio? “Purtroppo la violenza economica è legata a doppio giro con la dipendenza economica” spiega ancora l’economista.

In Italia il tasso di occupazione femminile è in assoluto fra i più bassi in Europa. Nel Nord Italia si avvicina o supera in certi casi il 60% mentre in alcune regioni del Sud Italia è esattamente la metà, ovvero il 30%. Le donne disoccupate sono più esposte perché non hanno proprio denaro da gestire e quindi devono necessariamente utilizzare le finanze accumulate dal marito o dal compagno“.

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L’Italia è fra i primi 5 paesi d’Europa con più femminicidi. Foto Twitter @AndreaBotti12

I femminicidi in Italia

La violenza economica è un altro tassello che si aggiunge a molte altre forme di oppressione sulle donne, che il persidente della Repubblica ha recentemente stigmatizzato. A cominciare dai femminicidi. Lo scorso anno, al 20 novembre 2022, sono state 104 le donne uccise in Italia dal precedente mese di gennaio. A livello mondiale sono state, ufficialmente, 45mila. Ad assassinarle perlopiù mariti, fidanzati o altri parenti. In Italia le morti violente delle donne per mano di uomini avvengono soprattutto all’interno della famiglia.

Per quanto riguarda i femminicidi l’Italia è tra i 5 paesi in Europa con il più alto numero di donne assassinate. Secondo i dati dell’agenzia Unodc (United Nations Office on drugs and crime), dell’ONU, relativi all’anno 2021, in Germania ci sono stati 337 casi di donne uccise intenzionalmente. In Francia 228, in Gran Bretagna 207. E in Italia 119, mentre in Spagna 97. Non risultano dati completi sugli omicidi delle donne per motivi legati al genere. Seguono la Polonia con 79 omicidi di donne, la Romania con 76, l’Austria con 40, i Paesi Bassi con 37, la Lettonia con 36 e la Grecia con 33. Gli Stati con il numero più basso di femminicidi in Europa nel 2021 sono invece il Belgio, con 11 casi, l’Irlanda con 7, l’Estonia con 4 e l’Islanda con un solo caso.

 

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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