L’Italia in una congiuntura economica allarmante, si appresta a presentare la propria manovra di bilancio a Bruxelles. Recentemente è toccato alla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (NADEF) che ha infuocato la discussione anche a livello di dibattito politico interno.

La reazione turbolenta dei mercati nei confronti del nostro Paese all’approvazione del NADEF in realtà è temporanea. Ma dipenderà soprattutto da quella della Commissione e dei partner europei. Gli investitori difatti temono le tensioni tra l’Italia e l’Europa. Ma com’è davvero oggi il quadro economico italiano?

Ministro economia Giorgetti/ FOTO ANSA

I mercati osservano l’Italia per via del NADEF: il danno del superbonus, il debito, e l’incertezza

Il Ministro dell’Economia Giorgetti chiederà a Bruxelles l’autorizzazione a emettere 23,5 miliardi di extradeficit in 3 anni. La NADEF non è altro che un aggiornamento al DEF (Documento di Economia e Finanza) approvato ad aprile, in cui viene rivisto il quadro economico e dunque le strategie di finanza pubblica dello Stato. In Italia a pesare al livello economico è stato in parte il dato sul PIL del secondo trimestre del 2023, che ha registrato dopo mesi di crescita superiore alla media UE, un calo del -0,4%. Dando il segnale che l’economia italiana cresce, ma meno di quanto si era previsto solo 6 mesi fa. In realtà però non è questo il dato più preoccupante. Se si pensa anche al risultato negativo ottenuto per due trimestri consecutivi dalla Germania; già in recessione tecnica. Ad allarmare i mercati oggi è il rapporto deficit/PIL del nostro Paese, che a causa degli incentivi statali del Superbonus, quest’anno salirà dal 4,3% previsto, al 5,3%. 

Giorgetti parla del NADEF/ FOTO ANSA

Secondo i calcoli del MEF, in assenza dei bonus edilizi, il rapporto debito/PIL in realtà quest’anno in Italia sarebbe sceso di un punto percentuale, e fino al 2026. Anche tenendo conto degli effetti positivi, i costi del Superbonus 110% hanno pesato incredibilmente, lasciando oggi il governo e la finanza pubblica in uno stato di incertezza. Giovedì 28 settembre lo spread Btp-Bund è tornato difatti ad allargarsi, toccando quota 200. Un picco che non si raggiungeva dal 2013, e che fa tremare i mercati nel ricordo dell’incubo del 2011. Quando sotto attacco speculativo finanziario, nell’Eurozona il rischio dei titoli italiani toccò i massimi storici. In realtà all’epoca il deficit rappresentava appena il 119% del PIL, oggi siamo addirittura attorno al 140%. Segno di come sia labile il concetto di sostenibilità di un debito, e quindi cosa determinerebbe un default. Ma sono i rischi e il possibile strapotere della speculazione finanziaria a volte a pesare più di tutti.

I dati economici positivi del nostro paese: la sfida del governo sui nuovi parametri del patto di stabilità UE

Oggi dietro l’espansione del differenziale con i Bund tedeschi ci sono ragioni tecniche, ma soprattutto politiche. I BTP future italiani in realtà vanno a ruba e stanno registrando un boom di volumi, raccogliendo 800 milioni sul mercato solo nella prima ora. Segno che aldilà dei comportamenti della BCE nei confronti dei nostri titoli di Stato, il loro collocamento non è affatto a rischio. Infatti il fenomeno dell’aumento repentino dei rendimenti dei titoli di Stato non interessa solo l’Italia, ma tutto il mondo. I rendimenti dei Bund tedeschi ad esempio, sono saliti dal 2,83% al 2,93%. E degli inglesi, dal 4,36% al 4,49%. L’Italia soffre di più dell’aumento dei tassi di interesse soltanto in quanto Paese percepito al livello politico come più debole per via del suo debito. Ma non può certamente essere paragonato alla Grecia o al debito di un Paese in via di sviluppo.

Governo Meloni/ FOTO ANSA

Il vero problema in Italia non è il debito, ma l’allocazione delle poche risorse a disposizione. In primis il danno derivante dallevasione fiscale, che si stima abbia portato via solo nel 2022 quasi 29 miliardi, a cui aggiungere la spesa pubblica mal gestita che non produce alcun sviluppo nel medio termine, sono le vere spine nel fianco del nostro Paese. Che comunque rimane oggi la terza economia europea e l’ottava economia al mondo. Adesso è fondamentale però l’appuntamento con la riforma del Patto di Stabilità. Dove il governo dovrà lottare per ottenere non solo parametri più larghi, ma maggiori margini temporali che allunghino l’arco del piano di aggiustamento verso target di almeno 7 anni. Con un orizzonte temporale a quattro anni difatti saremmo costretti ad una stretta economica pesante. Mentre con degli orizzonti più lunghi, centrare gli obbiettivi non è impossibile.