Le cause della strage sul lavoro alla stazione ferroviaria di Brandizzo (Torino), attorno alle 24 del 30 agosto scorso, appaiono sempre meno oscure. Diffuso dal Tg1, emerge un video da un profilo social di Kevin Laganà, 22 anni, il più giovane dei 5 operai uccisi dal treno in transito sul binario a cui la squadra stava lavorando. “Ragazzi se vi dico ‘treno’ andate da quella parte eh?” si sente nel filmato girato poco prima della strage.

Nel video si vedono alcuni operai al lavoro, intenti a rimuovere il pietrisco sotto i binari. Il filmato, della durata complessiva di 6 minuti e 48 secondi, è stato consegnato alla procura di Ivrea dall’avvocato della famiglia, Enrico Calabrese. La voce che esorta ad andare “da quella parte” non è di uno degli operai al lavoro. Ad accompagnare la squadra c’era un capo cantiere della loro azienda subappaltatrice di Rfi (Rete ferroviaria italiana), la Sigifer, e un tecnico di Rfi stessa. I due sono indagati e rischiano grosso. Si tratta di Andrea Girardin Gibin, della Sigifer, e di Antonio Massa, di Rfi. Proprio di quest’ultimo sembra che sia la voce che si ode nel video.

Frame dal video di Kevin Laganà, una delle 5 vittime dell’incidente di Brandizzo. Foto Ansa

Il dialogo prima di morire

Da quel che si ricava dalla visione del filmato le persone sul posto avevano ricevuto l’informazione che su quella linea era previsto il passaggio di convogli. Si sente qualcuno affermare “Noi possiamo vedere il segnale, voi prendete le misure, io guardo il segnale e appena dico via… “, poi un fischio e quindi “uscite da quella parte perché i treni passano qua, dovrebbero passare gli ultimi treni“. Laganà chiede: “Questo è già interrotto?” (riferendosi evidentemente al binario) e la voce gli risponde “questo è interrotto“. “Quindi possiamo metterci sopra lo spezzone e bonificarcelo?“, domanda ancora l’operaio. La replica è “no, passa l’autoscala, una volta che passa l’autoscala va bene“.

A quel punto arriva un’esortazione: “Ragazzi se vi dico ‘treno’ andate da quella parte, eh“. Il giovane operaio sui binari di Brandizzo accoglie queste parole sorridendo e, quando un’altra persona dice “Se arriva il treno da che parte passate?” risponde “di qua” indicando la staccionata dietro di lui. Gli operai lavorano in un clima sereno, scambiandosi battute di spirito. Laganà chiude il video con queste parole: “Ciao ragazzi ci vediamo alla prossima, metterò un tik tok fra un paio di giorni“.

Brandizzo, la teste chiave

Sulla strage di Brandizzo è emersa inoltre la testimonianza della giovane addetta della sala controllo di Chivasso (Torino). Una testimonianza che i magistrati reputano particolarmente significativa. “L’ho detto per tre volte: i lavori non dovevano cominciare perché era previsto il passaggio di un treno” ha riferito la donna. La testimone chiave dell’inchiesta è Enza Repaci, una dipendente delle Ferrovie di 25 anni. È lei che la sera del 30 agosto si è tenuta in contatto con il collega a Brandizzo, ovvero con Antonio Massa di Rfi. Ed è lei, secondo quanto risulta dalle telefonate che gli investigatori hanno acquisito, ad avere lanciato quegli avvertimenti rimasti inascoltati.

La procuratrice di Ivrea, Gabriella Viglione. Foto Ansa/Alessandro Di Marco

Procura oberata di lavoro

I magistrati devono compiere lunghi e complessi accertamenti. Capire, per esempio, se in quel tratto della linea ferroviaria, a Brandizzo, era operativo il Cdb: un complesso meccanismo di sensori e circuiti elettrici che segnalano la presenza di rotabili sui binari. O se è vero che ci sono dei casi in cui gli operai cominciano i lavori in anticipo per evitare alle loro aziende di pagare salatissime penali. “Inchieste come questa richiedono tempo e da noi durano anche di più perché siamo pochi“, dice il procuratore capo, Gabriella Viglione. Malgrado i recenti innesti di magistrati, si stima che su ciascun pubblico ministero pesi un carico di circa 2mila fascicoli. Le unità di polizia giudiziaria sono 8 anziché 20 e il personale amministrativo è ridotto al lumicino.