Scaduto alle 24 del 6 agosto l’ultimatum dell’Ecowas (la comunità degli Stati dell’Africa occidentale), il Niger rischia un’invasione militare. Dopo il golpe del 26 luglio scorso, col quale il capo della guardia presidenziale, il generale Abdourahamane Tchiani, ha deposto il presidente eletto, Mohamed Bazoum, ricevuto da Mattarella lo scorso dicembre, la situazione è precipitata.

E mentre a Niamey, la capital del Niger, si moltiplicano le manifestazioni di sostegno popolare ai militari golpisti in nome dell’odio contro la Francia – lo Stato ex colonizzatore – e l’Occidente, e dell’amicizia con la Russia, i paesi africani dell’Ovest, filo-occidentali, guidati dalla Nigeria, chiedono il ripristino immediato dell’ordine costituzionale. Se le autorità non insedieranno nuovamente al suo posto il presidente Bazoum potrebbe scattare l’intervento armato.

I capi di stato maggiore della difesa dei paesi dell’Ecowas. Foto Ansa/Epa

Niger, paese chiave per l’Occidente

Il Niger è ora sotto il controllo della giunta militare del generale Tchiani, 62 anni, il quale, per favorire i rimpatri dei cittadini europei, aveva riaperto nei giorni scorsi gli spazi aerei. Decine di francesi, italiani, tedeschi, spagnoli e britannici sono rientrati in patria. Così come i militari di un contingente NATO presente nel paese: 1500 francesi, 1.100 americani e 350 italiani.

In Europa c’è preoccupazione per la grave crisi istituzionale e sociale che potrebbe portare a un vasto conflitto nella regione del Sahel. Ma c’è preoccupazione soprattutto perché la destabilizzazione del Niger, che da paese filo-occidentale potrebbe divenire filo-russo e filo-cinese, creerebbe molti problemi. Niamey è un paese cerniera: fa da filtro ai sempre più imponenti flussi migratori dall’Africa subsahariana; è un punto di passaggio del futuro gasdotto trans-sahariano; è un grande produttore di uranio per le centrali nucleari europee, di petrolio e di oro.

Bazoum: “Cadremo in mano russa

Si tratta di uno Stato chiave anche per contrastare nella fascia desertica del Sahel – il territorio del sud Sahara che confina con la savana  e che comprende anche Mali, Burkina Faso, Ciad e Sudan – le milizie armate di matrice jihadista. Come Boko Haram, Iswap e i Fulani, a cui potrebbero adesso affiancarsi il gruppo dei mercenari russi Wagner che, per bocca dello stesso Yevgheny Prigozhin, si sono detti disponibili a intervenire a favore dei golpisti, se la comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas) dovesse attaccare.

Mattarella col presidente deposto del Niger, Bazoum, il 2dicembre scorso a Roma. Foto Ansa/Quirinale Paolo Giandotti

L’organizzazione è formata da 15 paesi africani ma non dal Mali e dal Burkina Faso, confinanti col Niger e dove a seguito di recenti colpi di Stato è mutato l’orientamento politico. Sia l’Ecowas che gli alleati occidentali, tra cui Francia e Stati Uniti vogliono il rientro del presidente eletto due anni fa, Mohamed Bazoum. Quest’ultimo, dal palazzo presidenziale a Niamey dove è ostaggio insieme alla famiglia, ha lanciato un appello tramite il Washington Post: “Non lasciate che il Niger cada in mano russa“.

A Niamey la situazione è molto tesa. I golpisti del Niger, riuniti nel Consiglio nazionale per la salvaguardia della patria (Cnsp), hanno affermato di aver effettuato un “pre-schieramento per la preparazione dell’intervento in due paesi dell’Africa centrale” senza specificare quali. I militari hanno di nuovo chiuso lo spazio aereo in modo che “qualsiasi tentativo di violazione” del blocco porterà a “una risposta energica e istantanea“. Il 6 agosto migliaia di sostenitori dei militari che hanno preso il potere si sono radunati allo stadio di Niamey per mostrare compattezza e volontà di respingere ogni ingerenza nel paese.