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Usa, il social cinese TikTok vietato nello Stato del Montana

In Italia il Governo sta pensando a bannarlo per i dipendenti pubblici. Il motivo è lo stesso dell'America: la paura del 'big brother' di Pechino

Da tempo al centro di polemiche sul suo presunto carattere di strumento spionistico nelle mani del Governo cinese, TikTok comincia a subire provvedimenti di chiusura. Almeno negli Stati Uniti, dove il governatore del Montana, Greg Gianforte, ha firmato una legge che vieta al social network di operare. L’Italia, dal canto suo, valuta lo stop dell’accesso a TikTok per i dipendenti pubblici.

L’obiettivo dello Stato del Nord-Ovest degli Usa è di proteggere i residenti dalla presunta attività di raccolta dati. La società cinese che controlla l’app – ByteDance – è sotto accusa. Il divieto del Montana è il primo del suo genere e dovrebbe diventare effettivo a partire dal primo gennaio 2024.

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TikTok bandito dai telefonini degli abitanti del Montana, negli Usa. Foto Ansa/Epa Luong Thai Linh

TikTok negli Usa, vita difficile

Non è difficile immaginare che la cosa causerà una disputa legale che potrebbe influenzare la regolamentazione dell’app Tik Tok a livello di tutti gli Stati Uniti. Come ricorda ilpost.it, TikTok è da tre anni uno dei social network più scaricati e popolari al mondo. Ha un miliardo di utenti attivi a livello globale, di cui moltissimi vivono in Europa e negli Stati Uniti e sono giovanissimi. Ma Tik Tok è anche l’unica piattaforma davvero diffusa in Occidente che appartiene a un’azienda cinese.

Negli ultimi mesi diversi governi avevano espresso preoccupazioni sulla possibilità che il grande numero di dati raccolti dall’app, la Cina – Stato totalitario che controlla tutto – possa utilizzarlo per spiare gli utenti. Ma anche per promuovere i propri interessi politici e intromettersi negli affari di altri paesi. Per questo motivo la Commissione Europea e molti governi, fra cui Canada, Stati Uniti, Regno Unito e Australia, avevano già vietato a tutti i propri dipendenti di usare TikTok sui dispositivi da lavoro.

Maxi multa ai fornitori di app

Il divieto deciso in Montana è il primo che bandisce TikTok da un territorio statunitense. Prevede che i fornitori di app, come Google e Apple, smettano di renderla disponibile sui propri negozi online. Con multe fino a 10mila dollari in caso contrario. Non sono previste sanzioni per gli utilizzatori. E non è chiaro come la legge si applicherà per quel che riguarda le app scaricate prima del primo gennaio 2024.

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Il Governatore italo-americano del Montana, Greg Gianforte. Foto Twitter @GovGianforte

La portavoce di TikTok per l’America Brooke Oberwetter ha risposto dicendo che la legge “viola il Primo emendamento della Costituzione” (libertà di parola e di stampa) e che i cittadini del Montana potranno continuare ad utilizzare l’app. Alcune associazioni di avvocati che si occupano di diritti civili e libertà di espressione, hanno espresso dubbi sulla costituzionalità della legge.

Ma TikTok spia davvero?

Eppure, come riportava nei mesi scorsi il quotidiano inglese The Guardian, la responsabile della privacy di TikTok in Europa, Elaine Fox, ha fatto alcune ammissioni riguardo alla gestione dei dati dei cittadini del Vecchio Continente, Italia compresa. Ha spiegato infatti che “in base a una comprovata necessità di svolgere il proprio lavoro, consentiamo ad alcuni dipendenti del nostro gruppo aziendale l’accesso remoto ai dati degli utenti europei di TikTok“. Il che avverrebbe, secondo Fox, “nel rispetto di una serie di solidi controlli di sicurezza e protocolli di approvazione. E attraverso metodi riconosciuti dal GDPR”, cioè il regolamento europeo sulla protezione dei dati. Si tratta tuttavia di rassicurazioni che non appaiono abbastanza solide e che anzi rischiano di comprovare le accuse occidentali al social cinese.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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