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Inchiesta Covid, i pm contro Fontana e Brusaferro: “Potevano evitare migliaia di morti”

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Tra febbraio e aprile 2020, le settimane in cui il Covid mise in ginocchio l’Italia, si potevano evitare migliaia di morti nella Bergamasca. Ne è convinto il procuratore di Bergamo, Antonio Chiappani. “Le consulenze ci dicono che le vittime potevano essere eventualmente evitate. Non potevamo chiudere con un’archiviazione“.

Così il procuratore dopo che i magistrati hanno chiuso l’inchiesta sul Covid che ha portato a iscrivere sul registro degli indagati praticamente tutte le massime autorità politiche e sanitarie dell’epoca, nazionali e locali. Con l’accusa, innanzitutto, di epidemia colposa.

Da sinistra, Attilio Fontana e Silvio Brusaferro. Foto Ansa

Gli indagati eccellenti

Sotto inchiesta sono finiti, fra gli altri, l’allora premier Giuseppe Conte e il suo ministro della Salute, Roberto Speranza. Il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, e l’ex assessore lombardo al Welfare, Giulio Gallera. Ma anche il presidente dell’Istituto superiore di sanità (Iss), Silvio Brusaferro, quello del Consiglio superiore di Sanità, Franco Locatelli. Fino al coordinatore dell’allora Comitato tecnico scientifico che affiancava il Governo sul Covid, Agostino Miozzo, e all’ex capo della Protezione civile, Angelo Borrelli.

Inchiesta Covid, le motivazioni

Riguardo all’inchiesta sulla gestione della fase più acuta del Covid “la nostra scelta – ha dichiarato il procuratore Chiappani – è stata quella di offrire tutto il materiale raccolto ad altri occhi. Che saranno quelli di un giudice, di un contraddittorio con i difensori. Perché è giusto che la ricostruzione la diano gli interessati e da tutto questo ricavare l’esperienza non solo di carattere giudiziario, ma anche scientifico, amministrativo“.

Quindi “una lezione, una grandissima riflessione” su come si è gestita, specie all’inizio, la pandemia in Italia. C’è stata una “insufficiente valutazione di rischio. Il nostro scopo – ha detto ancora il magistrato – era quello di ricostruire cosa è successo e di dare una risposta alla popolazione bergamasca che è stata colpita in un modo incredibile. 

Un hub sanitario in piazzale degli Alpini a Bergamo per fare il test del Coronavirus con i tamponi nel 2021. Foto Ansa/Filippo Venezia

La zona rossa in Val Seriana

Si ribella il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, indagato. “È vergognoso – ha detto – ho scoperto dai giornali di essere sotto inchiesta. Sicuramente non succederà niente. Anche in altri processi in cui mi hanno assolto ho saputo dai giornali cose che non sapevo“. Secondo la procura di Bergamo, Fontana avrebbe causato “la diffusione dell’epidemia in Val Seriana. Con un “incremento stimato non inferiore al contagio di 4.148 persone. Pari al numero di decessi in meno che si sarebbero verificatise fosse stata “estesa la zona rossa a partire dal 27 febbraio 2020“.

Il ruolo di Brusaferro

Nel mirino delle accuse dei pm c’è inoltre Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità. Stando alle accuse, sia lui che altri componenti del Cts e dirigenti ministeriali, avevano “a disposizione“, almeno dal 28 febbraio 2020, “tutti i dati“. E dunque avrebbero potuto “tempestivamente estendere” la zona rossa anche alla Val Seriana.

“Sul Covid sapevano già tutto”

Si tratta dei dati contenuti nel “Piano Covid elaborato da alcuni componenti del Cts coordinati dal professor Stefano Merler“. Quel documentogià prospettava” lo “scenario più catastrofico per l’impatto sul sistema sanitario“. Lo scrive la Procura di Bergamo nell’avviso di chiusura indagini. Secondo i pm Brusaferro, malgrado le raccomandazioni dell’Oms a partire dal 5 gennaio 2020, avrebbe invece proposto “di non dare attuazione al Piano pandemico, prospettando azioni alternative. Così impedendo l’adozione tempestiva delle misure in esso previste“.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore. Segui Domenico su Facebook Segui Domenico su Linkedin

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