Tre giorni dopo il naufragio di circa 200 persone – migranti siriani, afghani, iracheni – davanti alle spiagge calabresi, monta la polemica. I media, e la stessa procura di Crotone che ha aperto un’inchiesta, cercano di capire come sia stata possibile una strage senza precedenti di adulti e bambini.

Si contano a oggi 67 vittime, fra cui molti piccoli, alcuni neonati. Sono 80 i sopravvissuti. Il bilancio, però, non è definitivo. Perché a Cutro (Crotone) non sono scattati i soccorsi al barcone alla deriva pur sapendo che era in mezzo al mare forza 4?

Il ministro dell’Interno Piantedosi e, a destra, il comandante generale della Guardia costiera, ammiraglio Nicola Carlone. Foto Ansa

Naufragio, cosa è successo

Di fronte a sospetti e accuse sul mancato soccorso al momento del naufragio – nessuno è intervenuto, se non a tragedia avvenuta – la Guardia costiera di Crotone si difende. E parla di “regole complesse” che normano i suoi interventi in mare. “Perché non siamo usciti? Non è questo il discorso – ha detto il comandante della Capitaneria di porto, Vittorio AloiDovreste conoscere i piani, gli accordi che ci sono a livello ministeriale. Le nostre regole di ingaggio sono molto complicate“.

La zona Search And Rescue

Va specificato, ha aggiunto, che “le operazioni le conduce la Guardia di finanza finché non si entra in acque SAR. In questo caso la dinamica è da verificare“. Le zone SAR – Search And Rescue, ricerca e soccorso – sono quelle in cui interviene personale esperto nei salvataggi di naufraghi della Capitaneria di porto e della Guardia costiera.

L’allarme e il mare mosso

Il comandante Aloi ha sottolineato che “a noi risulta che domenica il mare fosse forza 4. Tuttavia motovedette più grandi avrebbero potuto navigare anche con mare forza 8. A noi non è giunto nessun allarme? Ripeto, adesso c’è un intricato discorso di ricostruzione dei fatti del quale non posso anticipare le conclusioni perché non ci siamo nemmeno arrivati. Stiamo rifacendo tutto il percorso dei fatti e poi riferiremo all’autorità giudiziaria“. “C’è un’inchiesta della Procura ma non riguarda noi, riguarda in generale l’andamento dei fatti” ha precisato il comandante della Capitaneria di porto.

La camera ardente delle vittime del naufragio del 26 febbraio al Palasport di Crotone. Si vedono superstiti in lutto vicino alle bare bianche dei loro bambini. Foto Ansa/Carmelo Imbesi

Naufragio, la ricostruzione del ministro

Su come si sia potuto verificare il naufragio di domenica notte 26 febbraio è intervenuto anche il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. Il titolare del Viminale ha deposto di fronte alla Commissione Affari costituzionali della Camera dei deputati dopo le roventi polemiche sulle sue parole ritenute “disumane da parte delle opposizioni. “L’assetto aereo Frontex che per primo ha individuato l’imbarcazione, dopo le 22 del 25 febbraio, a 40 miglia nautiche dall’Italia non aveva segnalato una situazione di pericolo o di stress a bordo” ha detto Piantedosi.

Camera ardente a Crotone

Frontex è l’Agenzia europea della Guardia di frontiera e costiera che deve gestire le frontiere esterne dell’Unione europea. Il ministro dell’Interno ha precisato che Frontexha evidenziato la presenza di una persona sopra coperta e altre sotto coperta e una buona galleggiabilità dell’imbarcazione. Poi c’è stato un peggioramento delle condizioni meteo“.  I soccorritori, tra cui forze dell’ordine, sanitari del 118, vigili del fuoco e volontari della Croce Rossa, continuano a recuperare le vittime del naufragio. Al mattino del 1 marzo si è trovato il corpo di una bambina: la 67ª vittima accertata. Al Palamilone, il palazzetto dello sport di Crotone, c’è la camera ardente per rendere omaggio alle vittime del naufragio.

Una bara senza nome alla camera ardente dei naufraghi morti, presso il palazzetto dello sport di Crotone. Sul nastro una sigla di riconoscimento che comincia con “Kr” che sta per “Crotone”, luogo della tragedia. Foto Ansa/Carmelo Imbesi