La pandemia e la guerra in Ucraina, continuano a produrre importanti cambiamenti su scala globale. Dall’Asia all’Europa ciò che appare ormai sempre più chiaro è che la globalizzazione così come l’abbiamo conosciuta negli ultimi trent’anni è destinata a tramontare.

Il lento processo di rilocalizzazione è solo all’inizio. Ma già se ne intravedono i primi inequivocabili segnali. Gli USA con l’Inflation Reduction Act,  promettono di riportare filiere importanti della catena produttiva della componentistica dell’alta tecnologia in territorio americano. E le recenti scelte industriali in Europa della Commissione UE favoriranno sempre più i fenomeni di nearshoring e onshoring.  Il mondo ovviamente non ritornerà mai a un sistema chiuso e autarchico. Ma è osservabile un nuovo bilanciamento legato ad una maggiore indipendenza nazionale o di area delle materie prime, delle tecnologie strategiche e della difesa.

Charles Michel/ FOTO ANSA/STEPHANIE LECOCQ

Come rendere l’Europa autosufficiente? Accorciando le supply chain

L’emergenza sanitaria ha portato alla luce l’attuale insostenibilità delle catene produttive essenziali. Imponendo una riflessione visto che in una situazione emergenziale – come quella che abbiamo vissuto in pandemia, ma che si protrae con la Guerra in Ucraina -ci siamo ritrovati scoperti nell’approvvigionamento di risorse essenziali. Come il cibo (vedi l’Inghilterra), microchip, e oggi i principi attivi dei farmaci. Non a caso il presidente francese Macron, ha esortato l’Europa a predisporre un piano che incentivi “l’autosufficienza alimentare”. Così da rendere meno esposta l’Europa a future catastrofi globali. Ma non solo. A preoccupare oggi è anche la gestione della filiera dell’industria farmaceutica, per il rallentamento della Cina, dovuto ai lockdown. L’Europa dipende difatti per circa il 75% dai principi attivi dei farmaci che provengono oggi da Cina e India. 

Mercato Europa auto/ FOTO ANSA

Ma il processo di rilocalizazione ha alla base delle scelte politiche, dovute al conflitto in Ucraina che ha sancito la fine dell’ordine mondiale precedente. Gli USA non appaiono più il monopolio economico unico mondiale; con la Cina che progetta di superarli. Un clima che porterà a risoppesare – e rinegoziare – ogni rapporto economico, anche per ragioni politico-strategiche. Con l’Europa nell’ultimo anno descritta dagli osservatori del commercio globale intenta ad accorciare le proprie supply chain. 

Il problema dei sussidi in UE: superare i limiti dei Paesi rigoristi

Le aziende ora cercano di approvvigionarsi in mercati “vicini” e più “affidabili”. E sopratutto si osserva l’intenzione di tutti gli Stati di riportare a casa” le filiere più strategiche: componentistica, energia, alimentare, tra i primi posti. Dove Cina e Stati Uniti stanno attuando politiche di sostegno delle proprie aziende strategiche. Con ben 759 miliardi di dollari l’amministrazione Biden, tramite l’Inflation Reduction Act, incentiva le aziende USA a comprare tecnologia americana e sviluppare progetti sul territorio nazionale. Riducendo il gap con la Cina e Taiwan, che nella fase della catena produttiva dei microchip ad esempio, posseggono un’importate fetta di mercato. La mossa però preoccupa l’Europa. Il piano americano potrebbe affossare le eccellenze europee del settore che si troverebbero così difronte ad una competizione inarrivabile.

Porto di Qingdao in Cina/ FOTO ANSA/ ROMAN PILIPEY

Il fatto è che la corsa ai sussidi rappresenta un gigantesco problema per l’UE, in quanto i Paesi cosiddetti “rigoristi”, con la Germania in prima fila, temono come conseguenza un aumento dell’inflazione nell’Eurozona, e il problema dei debiti di alcuni Stati sovrani, come il nostro. Tuttavia, la guerra in Ucraina e soprattutto la competizione Cina-USA ci obbliga a uscire oggi dai vecchi paradigmi. La strategia americana pressa politicamente l’Europa perché rafforzi il sostegno alle aziende della zona in ottica del decoupling dalla Cina. Servono dunque in risposta politiche e incentivi economici di ampio respiro: una sorta di Inflation Reduction act europeo. O all’Europa resteranno le briciole – come è accaduto ai resti dell’URSS – nella dicotomia economica (e politica) che dominerà il prossimo ventennio tra USA vs Cina.