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Manovra: slitta il voto finale, protestano le opposizioni

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Voto di fiducia anche al Senato sul testo della manovra per la legge di bilancio. Dopo il via libera con qualche turbolenza a Montecitorio, il Governo Meloni si aspetta l’ok definitivo di Palazzo Madama entro giovedì 29 dicembre.

Uno slittamento che ha fatto infuriare le opposizioni e che comunque prolunga l’iter della manovra. In ogni caso sembra scongiurata la necessità di dover ricorrere all’esercizio provvisorio.

Le tappe dell’approvazione

L’Aula del Senato ha cominciato il 28 dicembre la discussione generale sulla manovra. Al termine della giornata, attorno alle 18.30 circa, il Governo Meloni porrà la questione di fiducia sul testo approvato sabato scorso dalla Camera. Le dichiarazioni di voto cominceranno invece alle ore 9 di venerdì 29. Seguirà quindi la votazione per appello nominale sulla fiducia e poi il voto finale. Questo il calendario dei lavori che la Conferenza dei Capigruppo di Palazzo Madama ha varato all’unanimità. Il via libera definitivo alla manovra probabilmente arriverà per le 12 di venerdì 29 dicembre.

Manovra, il no delle opposizioni

Protestano le opposizioni. I senatori del Partito Democratico, di Azione-Italia viva, di Avs (Alleanza verdi-sinistra) e del Movimento Cinque Stelle hanno occupato i banchi della presidenza della commissione Bilancio in segno di protesta per il ritardo accumulato sull’esame della manovra. Chiedono di avere più tempo per discutere il provvedimento.

Dopo le inaccettabili forzature sulla manovra a cui abbiamo assistito alla Camera sui tempi della legge di bilancio – dice Raffaella Paita, Presidente del gruppo Azione-Italia Viva in Senato – ho proposto che al Senato si utilizzassero le giornate del 28 e del 29 dicembre per avere uno spazio minimo di confronto fra maggioranza e opposizione. Purtroppo ancora una volta la maggioranza ha voluto forzare la mano costringendoci a una discussione compressa nella sola giornata del 28 dicembre“.

Ancora una volta arriva un segnale di debolezza e arroganza” insiste Paita. “Il Governo evidentemente è preoccupato di non avere i numeri e ha l’esigenza primaria di permettere a Giorgia Meloni di tenere la sua conferenza stampa nella mattina del 29 dicembre. Piegano quindi la discussione del Parlamento alle esigenze di propaganda incuranti dei diritti delle opposizioni” conclude la capogruppo del Terzo Polo.

Raffaella Paita, capogruppo del Terzo Polo al Senato. Foto Ansa/Luca Zennaro

Quota 41 per le pensioni

Intanto, su uno dei punti qualificanti la manovra, ovvero il tema delle pensioni, sembrano arrivare novità. Se non nell’immediato, nel prossimo futuro. In un’intervista al Messaggero, il sottosegretario all’Economia, Federico Freni, afferma che “solo ragioni di costo hanno richiesto l’inserimento di un coefficiente anagrafico a 62 anni. Ma il futuro è verso l’azzeramento progressivo del limite di età. Quindi si potrà andare in pensione con 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età“. C’è poi il tema delicato del rinnovo o meno del pacchetto Opzione Donna. “Purtroppo Opzione donna – ha detto ancora Freni – non era sostenibile economicamente. Ma si tratta di una misura che intercetta un bisogno di tutela a cui non possiamo e non vogliamo negare risposte. Vedremo di trovare una quadra migliorativa“.

Sempre in ambito di manovra e previdenza, Freni evidenzia che si è scelto “di supportare in modo deciso i redditi medio bassi, limitando la rivalutazione previdenziale solo a determinate fasce. È stata una scelta politica“, ma “nei prossimi mesi l’andamento dell’inflazione sarà il parametro per le nostre scelte“. Quanto ai rilievi della Ragioneria alla manovra, “rispetto agli ultimi 5 anni – osserva il sottosegretario – quest’anno la nota è stata di gran lunga la meno dura: un solo stralcio e alcuni rilievi marginali. Ricordo anni, anche in tempi recentissimi, con oltre 60 rilievi e quasi 15 stralci. Ma è fisiologico che sia così: è giusto che vi sia sempre un controllo a valle che garantisca l’equilibrio contabile“.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore. Segui Domenico su Facebook Segui Domenico su Linkedin

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