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Mastodon, si iscrive anche Google: il social anti Musk spicca il volo

Basato su un software libero, appare più "democratico" e simbolicamente incarna il contraltare di Twitter

Continua lo sbarco in massa degli internauti su Mastodon dove anche Google apre il suo account. A un mese circa dall’acquisizione di Twitter da parte di Elon Musk, la concorrenza del social tedesco basato su un software libero (e finora pressoché sconosciuto) comincia a farsi sentire.

Se nelle ultime settimane l’app di Mastodon per iOS, Android e computer, ha visto la registrazione di 1 milione di nuovi account, arrivando a poco più di 1,6 milioni, adesso sono le big del tech a interessarsi al progetto. Fermo restando che su Twitter ci sono 1,3 miliardi di account, anche se soltanto 330 milioni sono quelli attivi.

Foto Twitter @NitaFarahany

Google ha aperto un account ufficiale sul Mastodon al servizio @searchliaison@mastodon.social, che conta già migliaia di follower. GoogleSearchLiaison è lo stesso nome utilizzato su Twitter dal profilo dedicato al funzionamento tecnico dello strumento di ricerca web. Che semplicemente vedrà un’attività di post su più piattaforme, Mastodon inclusa.

Google cerca Mastodon

Non una novità per l’azienda di Mountain View, che è solita diversificare la sua presenza sui social, compreso dunque Mastodon. Soprattutto dopo la chiusura del progetto interno Google+. Una realizzazione che ha chiuso i battenti il 2 aprile del 2019 senza essere riuscita a impensierire i concorrenti, tra cui Facebook. Big G è da tempo presente su Instagram, anche se con contenuti più diretti al consumatore.

Apple in rotta con Twitter?

Nei giorni scorsi, Phil Schiller, responsabile degli eventi di Apple e di App Store, ha disattivato il suo account Twitter in seguito ai recenti sviluppi. Schiller usava spesso il suo account per promuovere nuovi prodotti, servizi, software e iniziative di Apple e interagire con gli appassionati. Come notato da Mark Gurman di Bloomberg, prima della chiusura, l’account contava oltre 200mila follower ed era stato creato nel novembre del 2008, esattamente 14 anni fa. Ora tutti su Mastodon. Ma sarà soltanto una moda o qualcosa di più? Naturalmente dal punto di vista di una big tech come Google si tratta di una scelta strategica, volta a presidiare il territorio virtuale del futuro.

Un post di Eugen Rochko, fondatore e Ceo di Mastodon

Come funziona Mastodon

E in questo senso Mastodon fa la sua parte. Esiste dal 2016 ed è ancora sostanzialmente sconosciuto. Il suo funzionamento è parzialmente diverso rispetto a Facebook, Instagram e Twitter. Per i meno esperti di informatica può apparire poco intuitivo, se non addirittura respingente. A gestire Mastodon non è una singola azienda che controlla i server dei dati. Bensì chiunque voglia contribuire all’iniziativa. La proprietà è quindi diffusa e non si può verificare un caso come quello di Twitter, dove una sola persona – in questo caso Elon Musk – ottiene il controllo dell’intero sistema. Ogni server, spiega ilPost.it, è in sostanza un mondo a sé. Ospita uno o più specifici social network – “istanze” – ma non l’intero sistema di Mastodon.

Ciascuna istanza è come se fosse una regione, mentre Mastodon è la nazione che le comprende tutte. Per questo l’intero sistema viene spesso definito una federazione. Proprio per dare l’idea di qualcosa di organizzato con tante parti distinte ma che possono comunicare tra loro. Questa organizzazione, diversa da quella dei tradizionali social network, è l’elemento che rende più difficile prendere dimestichezza con Mastodon, almeno all’inizio. Al momento dell’iscrizione, infatti, è necessario aderire a uno dei tanti social network disponibili, i cui elenchi non sono sempre facilmente accessibili.

Elon Musk in un incontro video con il presidente della Corea del Sud, Yoon Suk-yeol, il 23 novembre 2022. Foto Ansa/Epa

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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