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Amazon tax in manovra? L’ipotesi della tassa sulle consegne a domicilio

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Spunta la Amazon tax, così è stata subito ribattezzata, nella manovra economica per la legge di bilancio al vaglio del Governo Meloni. Il Consiglio dei ministri del 21 novembre dovrebbe dare il via libera al pacchetto di misure che poi passerà all’esame del Parlamento.

L’annuale legge di bilancio è la più importante nell’ambito dell’ordinaria amministrazione dello Stato. Consente nfatti la spesa pubblica per i vari capitoli di intervento programmati da ogni Governo. E sarà una corsa contro il tempo. Se Camera e Senato non l’approveranno entro il 31 dicembre scatterà l’esercizio provvisorio: una pesante sconfitta politica e istituzionale per un paese del G7 come l’Italia.

Attivisti tedeschi contro Amazon. La Amazon tax in realtà è una ipotetica tassa italiana su ogni forma di e-commerce. Foto Ansa/Epa Hayoung Jeon

Nella maggioranza la discussione sulle singole misure è ancora molto aperta. Fra le misure che potrebbero entrare a pieno titolo in manovra spunta l’ipotesi di una tassa sulle consegne a domicilio, la cosiddetta Amazon tax, dal nome del colosso del commercio elettronico che si avvale dei corrieri per consegnare i suoi prodotti a casa dei clienti. Almeno nelle intenzioni, l’obiettivo della Amazon tax è di favorire il commercio di prossimità nei negozi reali ponendo un freno alle consegne che i corrieri effettuano a volte con mezzi inquinanti e non ecologici.

Amazon tax, proteste contro la “tassa verde

Dell’Amazon tax si è discusso nel corso della riunione dei capigruppo della maggioranza, che si è tenuta il 18 novembre. L’ipotesi era già in circolazione da tempo. L’opzione viene anche soprannominata “tassa verde“. Già a fine ottobre si erano sollevate al riguardo alcune critiche, in particolare da parte di Netcomm, l’associazione del settore e-commerce. “La presunta ‘tassa verde’ sulla rete distributiva dell’e-commerce non tiene conto del reale impatto economico e ambientale di questo settore sull’intera economia del nostro Paese” aveva detto il presidente Roberto Liscia.

Roberto Liscia di Netcomm. Foto Ansa/Guido Montani

Porre un freno a un settore strategico come quello del digitale, che già sta subendo un rallentamento a causa dell’inflazione e dell’aumento dei costi tecnologici e di gestione dell’intera rete, significherebbe minare la competitività dell’Italia sul piano internazionale” secondo Liscia. In sostanza, a fare le spese dell’Amazon tax sarebbero “in primis le piccole e medie imprese, che hanno trovato nel digitale, in questi ultimi anni, una risorsa strategica per lo sviluppo del loro export“. Le Pmi hanno raggiunto “consumatori in tutto il mondo grazie all’eCommerce.”

Azzeramento Iva su pane e latte

D’altro canto, secondo uno studio realizzato dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e citato dal sito specializzato Economiacircolare.com, lo shopping online risulta conveniente da un punto di vista ambientale solo ad alcune condizioni. Ovvero se l’alternativa per il singolo cliente è percorrere una distanza stimata intorno ai 15 chilometri.

Foto Ansa/Matteo Corner

L’Amazon tax resta comunque, al momento, solo un’ipotesi. Fra le altre misure inserite in manovra di bilancio ci sono la riduzione o l’azzeramento dell’Iva su pane, latte, pasta e prodotti per l’infanzia. Ma anche il taglio del cuneo fiscale di tre punti, anziché due. E quota 103 per le pensioni. Si allontana, invece, l’ipotesi di un scudo fiscale per il rientro dei capitali dall’estero mentre sarebbe confermato un intervento sulle cartelle esattoriali fino al 2015. L’energia resta il capitolo che richiede la maggior parte delle risorse in una manovra che potrebbe comprendere la Amazon tax. Ovvero oltre 21 miliardi su un totale che dovrebbe aggirarsi intorno ai 30 miliardi.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore. Segui Domenico su Facebook Segui Domenico su Linkedin

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