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Terremoto Berlusconi: “Lettera dolcissima da Putin”

Audio 'rubato' semina irritazione nella maggioranza. Il Governo rischia di nascere azzoppato. Siluro a Meloni ma anche a Tajani

A quasi un mese dalle elezioni stravinte dal Centrodestra l’Italia non ha un Governo e Giorgia Meloni sta sui carboni ardenti. La premier in pectore ha una “mucca nel corridoio“, direbbe Pier Luigi Bersani. Ma non è Salvini, come in un primo tempo si credeva: è Silvio Berlusconi.

Il Cavaliere prima annuncia un accordo per affidare il ministero della Giustizia a Elisabetta Casellati, mentre l’idea di Giorgia Meloni è Carlo Nordio. Poi, in un audio del 18 ottobre di La Presse, probabilmente fatto filtrare all’esterno da qualche deputato vicino a Berlusconi che stava incontrando la ‘truppa’ azzurra di Montecitorio, l’ex premier rivendica di aver “riallacciato, un po’ tanto, i rapporti con Putin.” Aggiungendo che l’ingresso dell’Ucraina nella NATO potrebbe significare “guerra mondiale“.

Cosa ha detto Berlusconi

Nell’audio ‘rubato’, Berlusconi fa sapere di aver ricevuto da Putin per il suo compleanno, lo scorso 29 settembre, “20 bottiglie di vodka e una lettera dolcissima. Io gli ho risposto con 20 bottiglie di lambrusco e una lettera altrettanto dolce. Sono stato dichiarato da lui il primo dei suoi cinque veri amici.” Poco prima aveva affermato: “I ministri russi hanno detto che siamo già in guerra con loro perché forniamo armi e finanziamenti all’Ucraina. Personalmente non posso esprimere il mio parere, perché se poi viene raccontato alla stampa o altro, viene fuori un disastro, però sono molto, molto, molto preoccupato.

Tajani farà il ministro degli Esteri?

Il Cav, dunque, si prende la scena e scatena un terremoto sotto i piedi di un Governo che la leader di FdI sta cercando a fatica di far nascere, rischiando un pericolosissimo strappo. Anche perché il nuovo esecutivo dovrebbe avere una matrice dichiaratamente atlantista, incarnata proprio da un ministro di Forza Italia, Antonio Tajani, finora destinato agli Esteri. E ora c’è chi sospetta che l’audio che inchioderebbe Berlusconi non al filo-atlantismo ma a un filo-putinismo evidente, sia una ‘polpetta avvelenata‘. Che qualcuno – non necessariamente Berlusconi – ha rifilato all’aspirante capo della Farnesina, passandola ai cronisti che, facendo il loro mestiere, hanno dato la notizia.

Antonio Tajani con Marta Fascina, compagna di Berlusconi. Foto Ansa/Riccardo Antimiani

Il gelo di Giorgia Meloni

La maggioranza si scompone? L’opposizione affonda il colpo. “L’unica cosa che può fare in più Berlusconi per non far nascere questo Governo è mettere una bomba a via della Scrofa…“, è la sintesi sarcastica del leader di Azione, Carlo Calenda. Dentro Forza Italia c’è chi vive con imbarazzo una situazione che già si era complicata la settimana scorsa con il caso di Licia Ronzulli, fuori dal Governo ma eletta capogruppo al Senato (quello alla Camera è Alessandro Cattaneo). Tajani nel pomeriggio di ieri diserta un convegno dove era atteso. E il clima è ancora più pesante negli uffici dove Giorgia Meloni ha trascorso la giornata al lavoro, fra stupore e preoccupazione per l’escalation di interventi di Berlusconi. Di fronte al Cav la premier in pectore si trincera dietro un “freddo silenzio” fanno sapere i suoi collaboratori.

Berlusconi e i ministri

Un silenzio che si affianca a quello di Salvini e della Lega. La tregua, siglata neanche 24 ore prima con il faccia a faccia in via della Scrofa, inizia a scricchiolare quando nel primo pomeriggio del 18 ottobre Berlusconi arriva a Palazzo Madama per incontrare i suoi senatori. “In Forza Italia c’è profonda amarezza” sottolinea “Perché, a parità di elettori con la Lega, il modo in cui sono stati distribuiti i collegi uninominali ci ha portato 20 deputati e 10 senatori in meno“.

Carlo Nordio. Foto Ansa/Alessandro Di Meo

La richiesta di “pari dignità con la Lega” si accompagna un paio d’ore più tardi da un rilancio di Berlusconi sulla Giustizia: “Sarà Nordio? No, Meloni mi ha chiesto di incontrarlo, ma c’è la ex presidente del Senato Elisabetta Casellati, su questo c’è accordo, assolutamente“. Poi, dopo l’assemblea con i deputati, aggiunge: “La Meloni ha detto di sì alla Casellati“. E parte un elenco sui forzisti ministri: “Ci saranno Tajani agli Esteri e vicepremier, Bernini alla Pubblica amministrazione. Poi Saccani all’Università, Pichetto all’Ambiente e alla Transizione ecologica e Casellati alla Giustizia“. Dal Colle, intanto, Sergio Mattarella tace. Al di là di Berlusconi e Meloni è lui ad avere l’ultima parola.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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