Storie e Personaggi

Premio Nobel per l’Economia all’ex capo della banca centrale Usa

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Sono tre economisti statunitensi a vincere il Premio Nobel per l’Economia 2022. Si tratta di Ben Bernanke – ex capo della banca centrale americana, la Federal Reserve (Fed) – Douglas W. Diamond e Philip H. Dybvig.

L’Accademia di Svezia ha motivato l’assegnazione della prestigiosa onorificenza ai tre studiosi sottolineando come il loro lavoro su banche e crisi finanziarie sia stato “fondamentale per la ricerca successiva. La quale ha migliorato la nostra comprensione delle banche, della regolamentazione bancaria, delle crisi bancarie e di come si dovrebbero gestire le crisi finanziarie.” Dei tre Premio Nobel il più noto all’opinione pubblica è senza dubbio Ben Bernanke, 69 anni, dal 2006 al 2014 presidente della Federal Reserve.

Ben Bernanke. Foto Ansa/Epa Jim Lo Scalzo

Bernanke è l’uomo che, da Governatore della banca centrale Usa, si è trovato a gestire la più imponente crisi finanziaria del XXI secolo. Ossia quella dei mutui subprime sulle abitazioni. Una bolla scoppiata nel 2007 le cui conseguenze si sono diffuse a livello mondiale. L’allora capo della Federal Reserve intervenne prima azzerando i tassi d’interesse per stimolare l’economia reale e poi portando all’attenzione pubblica un termine che divenne noto a molti, quello di “quantitative easing“: l’allentamento quantitativo. Bernanke varò una politica monetaria ultra-espansiva per pompare liquidità nel sistema, al fine di innescare la ripresa dei consumi. Misure che gli valsero, a lui nominato da George W. Bush, un secondo mandato da parte di Barack Obama. E ciò sebbene i suoi critici accusassero il neo Premio Nobel per non aver saputo prevedere le dinamiche che portarono all’esplosione della crisi. E anche per aver reagito con troppa lentezza alla sua fase iniziale.

Douglas Diamond. Foto Ansa/Epa University of Chicago

Nobel per gli studi sulla crisi del ’29

In realtà Ben Bernanke ha vinto il Premio Nobel per la Pace 2022 per i suoi studi su un’altra devastante crisi economica, quella nota come Grande Depressione, innescata dal “Martedì Nero“, ossia il crollo delle borse dell’ottobre 1929. Gli studi di Bernanke, secondo i giurati dell’Accademia di Svezia, hanno mostrato “come le corse agli sportelli siano state un fattore determinante per il divenire così profondo e prolungato della crisi.Douglas W. Diamond, anch’egli 69 anni, docente all’Università di Chicago è stato invece premiato “per aver mostrato come le banche svolgano una funzione importante per la società.” In quanto intermediari tra risparmiatori e mutuatari, sottolineano i giurati nelle loro motivazioni, gli studi di Diamond hanno mostrato come “le banche siano le istituzioni più adatte a valutare l’affidabilità creditizia dei mutuatari, oltre che a garantire che i prestiti siano utilizzati per buoni investimenti.

Philip Dybvig. Foto Ansa/Epa Washington University, St. Louis, Missouri (Usa)

Assieme a Philip H. Dybvig, 67 anni, docente alla Washington University di St. Louis, il terzo insignito dall’Accademia di Svezia, il neo Premio Nobel Diamond ha inoltre sviluppato a metà degli Anni Ottanta una serie di modelli teorici. I quali “spiegano perché le banche esistono, come il loro ruolo nella società le rende vulnerabili alle voci sul loro imminente collasso, e come la società possa ridurre questa vulnerabilità.” Si tratta del famoso modello Diamond-Dybvig. Il Premio Nobel prevede un riconoscimento in denaro di quasi 900mila dollari. La cerimonia di consegna avverrà fra due mesi esatti, il 10 dicembre. A differenza degli altri premi, quello per l’economia non deriva dal testamento di Alfred Nobel del 1895, ma dalla banca centrale svedese che lo stabilì in sua memoria.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore. Segui Domenico su Facebook Segui Domenico su Linkedin

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