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Putin alla parata del 9 maggio: “Donbass è nostro, offensiva in Ucraina giusta e necessaria”

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Prova di forza a Mosca nel terzo mese di guerra della Russia in Ucraina. Di fronte a Putin sfilano 11mila soldati e centinaia di mezzi militari per celebrare il 77° anniversario della vittoria dell’Unione sovietica sul Nazismo nella Seconda Guerra Mondiale. Ma quest’anno il Giorno della Vittoria nella Grande Guerra Patriottica assume un significato bellicoso, in relazione alla cosiddetta “denazificazione” di Kiev.   

Il presidente russo, Vladimir Putin, assicura che “come nel 1945, la vittoria sarà nostra” paragonando la guerra in Ucraina proprio alla Seconda Guerra Mondiale. Lo si legge nel sito del Cremlino come riporta la Tass. “Oggi i nostri soldati, come i loro antenati, stanno combattendo fianco a fianco per la liberazione della loro terra natale dalla feccia nazista, con la certezza che, come nel 1945, la vittoria sarà nostra“.

Cosa ha detto Putin

Alla fine dello scorso anno – afferma Putin nel suo discorso alla parata del 9 maggio – l’Occidente stava apertamente preparando un attacco al Donbass e alla Crimea.” A Kiev c’erano richieste di armi nucleari che creavano “una minaccia inaccettabile proprio al nostro confine“. Di più. “L’Occidente preparava un’invasione di nostri territori“. Per tutto questo l’offensiva in Ucraina è una “operazione preventiva, necessaria e giusta“. Il presidente russo ha poi ricordato di aver chiesto ai paesi della NATO un accordo sulle garanzie di sicurezza, ma, ha lamentato, “non siamo stati ascoltati“.

Ora, sostiene, si tratta di “combattete per la sicurezza della patria e per il futuro“, “non ci sarà posto nel mondo per i criminali nazisti“. “Nel Donbass – ha sottolineato – combattiamo sulla nostra terra“. “I nemici volevano usare terroristi contro di noi“, ha poi accusato. Il leader del Cremlino ha quindi chiesto un minuto di silenzio per i militari uccisi durante la Seconda Guerra Mondiale e per i soldati uccisi nel Donbass.

Parate a Mosca e in tutto il Paese

La parata militare moscovita (ce ne sono in tutta la Russia), cominciata alle 9 ora italiana, è trasmessa in diretta televisiva in tutto il paese. Sfilano 11mila tra ufficiali, soldati, cadetti, membri del movimento giovanile Yunarmiya. Ma anche unità del ministero delle Situazioni di emergenza, della Guardia nazionale russa e degli agenti di frontiera dell’FSB, il servizio di sicurezza.

Sarano 33 le colonne in marcia. Coinvolte anche 131 unità di armamenti ed equipaggiamenti, 77 aerei ed elicotteri. “La Russia ha dimenticato tutto ciò che era importante per i vincitori della Seconda Guerra Mondiale“, ha ribattuto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Per il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, “qualsiasi cosa dirà Putin, dobbiamo rispondere con un’escalation diplomatica“. Oggi 9 maggio è anche la Festa dell’Europa: “Teniamocela stretta” è il commento del commissario Ue all’Economia, Paolo Gentiloni.

Reazioni in Ucraina e in Occidente

Zelensky chiede al G7 che i russi si ritirinoda tutta l’Ucraina” e i leader riaffermano che Putinnon deve vincere” perché “ha violato l’ordine internazionale basato sulle regole, in particolare la Carta delle Nazioni Unite, concepita dopo la Seconda Guerra Mondiale per risparmiare alle successive generazioni la piaga della guerra”. Occidente e Giappone si impegnano a mettere al bando il petrolio russo, sebbene con gradualità – la cosa stenta ad avvenire – e si preparano ulteriori sanzioni, dal Regno Unito anche nei confronti della Bielorussia. Ieri 8 maggio a Kiev c’era la first lady americana Jill Biden. Ma anche il premier canadese Justin Trudeau, che promette altri 40 milioni di dollari di aiuti militari.

Ucraina, il museo colpito dai russi vicino Kharkiv. Foto Twitter @IuliiaMendel

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore. Segui Domenico su Facebook Segui Domenico su Linkedin

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