Al termine della seconda giornata di scrutinio a vuoto per il Quirinale, molti cittadini e gli stessi leader politici s’interrogano sul fattore tempo per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica. Molti osservatori ritengono che l’elezione non avverrà prima di giovedì 27 o venerdì 28 gennaio. E potrebbe non bastare.

Quirinale, il tempo è scaduto

Il nostro Paese, però, è in piena quarta ondata di Covid; la ripresa economica è appena cominciata e il PNRR è tutto da realizzare. Alle porte dell’Europa c’è il rischio di una guerra fra la Russia e l’Ucraina, in grado di coinvolgere gli Stati Uniti e la Nato, quindi anche l’Italia. Il caro bollette mondiale di luce e gas sta mettendo in ginocchio locali, ristoranti, aziende e presto anche le famiglie. Mancano le condizioni per perdere altro tempo, votando scheda bianca. Del nuovo Capo dello Stato le forze politiche stanno parlando da settimane. Rimossa la candidatura Berlusconi, occorre trovare un’intesa immediata.

Conterà la quarta votazione

A spingere sull’acceleratore per il Quirinale è, fra gli altri, Matteo Renzi. “Spero che la presidenza inizi a far votare due volte al giorno” ha detto, riferendosi alla Presidenza della Camera e quindi a Roberto Fico. In realtà l’intesa su un nome condiviso a garanzia di tutti appare lontana. Ma dal 26 gennaio si comincia a votare al mattino (ore 11). Se il Centrodestra accoglierà la proposta del Centrosinistra – incontro di delegazioni ristrette e trattative a oltranza – la situazione potrebbe sbloccarsi eppure non è detto. Il Centrodestra potrebbe voler andare alla conta sul nome dell’ex procuratore capo di Venezia, Carlo Nordio, aspettando a ‘calare l’asso’ alla quarta votazione, quando serviranno 505 voti e non 673 per eleggere il Presidente.

Il Colle? Forse non per Draghi

In un contesto come questo dopo il nome di Berlusconi, bruciato, a fuoco lento sta cuocendo anche quello di Mario Draghi. Pur di ‘costringere’ Draghi a restare a Palazzo Chigi e non salire al Quirinale, scongiurando quindi un ulteriore tecnico a capo di un nuovo Governo, ci sarebbe stato un’accordo, durato poche ore, fra M5S e Lega sul Presidente del Consiglio di Stato, il neo nominato Franco Frattini. Un nome che è bastato a far coalizzare gli amici-nemici Letta e Renzi per sbarrarne il passo. Eppure oggi Conte ha ribadito: “Il timoniere deve restare al suo posto” alludendo a Draghi.

Pier Ferdinando Casini

Casini e il Quirinale, come la storia della volpe e l’uva

Avanza progressivamente lo spettro della rottura del vaso di Pandora: un’intesa su un nome super partes che non si trova e un Capo dello Stato eletto per un pugno di voti da una parte sola del Parlamento o quasi. Con inevitabile rottura della maggioranza che sostiene il Governo, mentre il Paese soffre in un anno di sfide dure. Si fanno i nomi della Presidente del Senato, Elisabetta Casellati, e dell’ex Presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini. Non si può non registrare che quest’ultimo oggi ha lanciato una battuta ai cronisti fuori da Montecitorio: “Io Presidente? Chiamatemi Casini, come avete fatto per quarant’anni“. Certo, sarà scaramanzia. Ma un democristiano non fa mai battute a caso.

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