Germania da un lato, Islanda da un altro. Arrivano dal nord i risultati elettorali più sorprendenti d’Europa. Il voto consegna ai cittadini dell’Unione la ‘locomotiva’ tedesca del dopo-Merkel: un treno in corsa senza più una chiara direzione di marcia. E il Parlamento fisicamente più vicino al Polo, quello di Reykjavík, con il 47% di donne elette.
In Germania, stando a un conteggio ufficiale provvisorio, annunciato stamattina dalla Commissione elettorale federale, la Spd (socialdemocratici) del candidato cancelliere Olaf Sholz (in alto a sinistra nella foto) è il primo partito col 25,7%. Quattro anni fa, alle elezioni del 2017, aveva raccolto il 20,5%. Nei Länder dell’est avanza di oltre l’8%. Su base nazionale vince ma non sfonda. La Cdu-Csu (il blocco conservatore) di Armin Laschet la tallona da vicino ma crolla e tocca il minimo storico: 24,1% (-8,9% rispetto al 2017). I democristiani escono sconfitti persino nel Mecleburgo-Pomerania Anteriore, il feudo politico di Angela Merkel (nel nord-est del Paese), dove la cancelliera era stata eletta al Bundestag per 8 volte. Alta l’affluenza alle urne: 76%.
I Verdi della candidata Annalena Baerbock – a lungo data come possibile nuova cancelliera – si fermano al 14,8%. Ma compiono un balzo in avanti del +5,9% sul voto di quattro anni fa. I liberali Fdp di Christian Lindner toccano l’11,5% (+0,8%). Perde consensi l’estrema destra AfD di Alice Weidel, che scende al 10,3% (-2,3%), subisce un tracollo l’estrema sinistra Die Linke, delle due co-presidentesse Susanne Hennig-Wellsow e Janine Wissler, al 4,9% (-4,3%).
“Cdu e Csu non hanno soltanto perduto molti voti – attacca il probabile neo cancelliere Olaf Scholz ( Spd) – ma hanno anche avuto un messaggio dagli elettori“. I quali “hanno rafforzato Spd, Verdi e Liberali. E questi tre devono guidare il nuovo governo“. È la coalizione Semaforo. I liberali della Fdp rischierebbero però di essere il vaso di coccio in mezzo a due vasi di ferro. D’altra parte ciò avverrebbe per i Verdi, se si ipotizzasse una coalizione Giamaica: Cdu-Csu con Fdp e, appunto, gli ecologisti. Quattro anni fa, ancora in piena era Merkel, ci vollero 5 mesi perché la cancelliera portasse a termine le trattative per il nuovo Governo. Adesso la promessa dei politici è di chiudere entro Natale. Ma sarà dura, se non impossibile.
Guardando più a nord della Germania, fa notizia la politica dell’Islanda. Per poche ore dopo le elezioni del 25 settembre l’isola vulcanica popolata da meno di 360mila persone aveva raggiunto un record assoluto in Europa. Essere il primo Paese con un Parlamento a maggioranza femminile. A parte il fatto che il premier uscente è una donna: Katrín Jakobsdóttir (in alto a destra nella foto). In realtà, dopo i riconteggi, dei 63 seggi dell’Althingi, l’Assemblea unicamerale, 30 saranno occupati da deputate, il 47,6%. In precedenza sembrava che le donne fossero 33, cioè oltre la soglia del 50%. Nessun paese d’Europa ha mai oltrepassato la soglia simbolica del 50% di deputate donne, ma ora l’Islanda contende il primato alla Svezia. Nel mondo sono 3 gli Stati con oltre il 50% di rappresentanza femminile. In testa c’è il Ruanda con il 61,3% di donne nella Camera bassa, seguito da Cuba (53,4%) e Nicaragua (50,6%).
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