Uno studio realizzato dal Censis in collaborazione con Accredia, l’Ente unico nazionale di accreditamento, svela le preoccupazioni degli italiani di fronte alla possibilità che non si riesca ad attuare il Recovery plan. A causa di impedimenti e ostacoli tutti “nostri”, una volta ricevuti i lauti finanziamenti europei.
La sfida per l’Italia è a impiegare presto e bene risorse straordinarie, dovute alle conseguenze del Covid, che non ricapiteranno mai più. Come è noto, il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) affiderà al nostro Paese 191 miliardi di euro, a cui se ne aggiungeranno altri per intervento diretto dello Stato italiano. Secondo quanto dichiarato alla Camera dal premier Draghi, alla fine saranno complessivamente 248 i miliardi che l’Italia avrà a disposizione. Ma il 75,5% degli intervistati nell’ambito dello studio Censis, riporta l’Agi, sospetta che dalla pressione a spendere in fretta possa derivare una riduzione dei controlli. E quindi un’aumento dell’illegalità.
Il 56,4% sostiene che le risorse vanno spese con rapidità. Al tempo stesso, però, invoca meccanismi affidabili di verifica del rispetto di norme e regole. Per il 30,4% servono controlli ferrei da parte dello Stato. Costassero pure dei rallentamenti nell’esecuzione dei progetti. Solo per il 6,5% bisogna azzerare del tutto i controlli per spendere le risorse con la massima celerità.
Il 75,8% degli italiani teme comunque l’eccesso di potere delle burocrazie, il 66,6% che troppe leggi e regolamenti cui attenersi possano rallentare l’impiego delle risorse, il 65,7% che non ci siano garanzie sul fatto che quelli approvati siano i progetti migliori. In ogni caso il timore avvertito di più, condiviso dall’80,4% degli italiani, è che vincano le pressioni delle lobby. Una parola che in Italia non si afferma nel discorso pubblico ma di cui tutti conosciamo il significato. Si tratta degli interessi particolari: gruppi, consorterie, cricche pronte a orientare il fiume di denaro che sta arrivando verso il vantaggio di pochi, contro l’interesse dell’Italia.
Ecco dunque perché sarebbe auspicabile – emerge dallo studio – che ai fondi del Next Generation Eu si applichino criteri di accesso che stimolino il ricorso alla certificazione accreditata. Così si risponderebbe ai dubbi degli italiani, conclude il Censis. Ipotizzando l’obiettivo di arrivare a 150 mila imprese certificate sotto accreditamento (cioè 60mila in più rispetto alle attuali), si genererebbe un valore aggiuntivo pari a 30 miliardi di euro entro il 2023.
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